diritto internazionale pubblico

La dichiarazione di accettazione della giurisdizione della Corte penale internazionale da parte dell’Ucraina: significato, limiti e conseguenze possibili

Marina Mancini è ricercatore di diritto internazionale all’Università Mediterranea di Reggio Calabria

Il 17 aprile scorso, il Cancelliere della Corte Penale Internazionale (Cpi) ha reso noto di aver ricevuto una dichiarazione dell’Ucraina di accettazione della giurisdizione della Corte  relativamente ai crimini commessi sul suo territorio dal 21 novembre 2013 al 22 febbraio 2014.

Al comunicato stampa pubblicato sul sito della Corte sono allegati tre documenti: una nota dell’Ambasciata ucraina in Olanda indirizzata al Cancelliere in data 9 aprile, con cui si comunica che l’Ucraina accetta la giurisdizione della Corte sulla base dell’acclusa dichiarazione adottata dal Parlamento di Kiev il 25 febbraio; la dichiarazione stessa firmata da Oleksandr Turchynov in qualità di presidente del Parlamento; e una nota del Ministero degli Esteri ucraino indirizzata alla Cpi datata 16 aprile, in cui si precisa che, in seguito alla fuga di Viktor Yanukovych, il Parlamento ha autorizzato Turchynov ad esercitare le funzioni di Presidente dell’Ucraina e che in virtù del diritto interno e del diritto internazionale egli agisce ex officio come Capo di Stato.

La precisazione del Ministero degli Esteri si è resa necessaria, non essendo una risoluzione parlamentare di per sé sufficiente a manifestare la volontà dello Stato di accettare la giurisdizione della Cpi ex art. 12 par. 3 dello Statuto di Roma. La dichiarazione del 25 febbraio – questo sembra doversi desumere dalla nota del 16 aprile – in quanto firmata da Turchynov sarebbe un atto proveniente dal Capo di Stato, che è competente a rappresentare l’Ucraina nelle relazioni internazionali in virtù dell’art. 106 della Costituzione.

La precisazione è evidentemente bastata al Cancelliere. In realtà, sarebbe stato preferibile agire in modo più lineare: l’accettazione della giurisdizione della Corte avrebbe potuto essere comunicata da Turchynov stesso con una lettera firmata in qualità di Presidente ucraino ad interim, allegando ad essa la dichiarazione del Parlamento del 25 febbraio.

Quella ucraina è la terza dichiarazione di accettazione della giurisdizione della Cpi da parte di uno Stato non parte dello Statuto di Roma. Segue la dichiarazione della Costa d’Avorio del 2003 e quella della Palestina del 2009. Al riguardo, conviene ricordare che, in virtù dell’art. 12 par. 3 dello Statuto, uno Stato non parte può, con una dichiarazione depositata presso il Cancelliere, consentire che la Corte eserciti la sua giurisdizione sui crimini di cui all’art. 5 che siano stati commessi in precedenza, ma comunque in una data successiva all’entrata in vigore dello Statuto (1 luglio 2002), e/o che dovessero essere commessi in futuro. Tale dichiarazione è indispensabile affinché la Corte possa pronunciarsi sui crimini commessi dai cittadini e sul territorio di uno Stato non parte, tranne che vi sia un deferimento della situazione al Procuratore da parte del Consiglio di sicurezza.

L’Ucraina ha firmato lo Statuto della Cpi il 20 gennaio 2000, ma non lo ha mai ratificato; mentre ha ratificato l’Accordo sui privilegi e le immunità della Corte. La ratifica dello Statuto è stata impedita dalla pronuncia della Corte Costituzionale dell’11 luglio 2001, secondo cui questo, nella parte in cui riconosce alla Cpi una giurisdizione complementare a quella dei tribunali nazionali, sarebbe in contrasto con le disposizioni della Costituzione ucraina per le quali l’amministrazione della giustizia è di esclusiva competenza dei tribunali interni e non può essere delegata ad altri organi (v. International Committee of the Red Cross, Issues raised regarding the Rome Statute of the ICC by National Constitutional Courts, Supreme Courts and Councils of State, January 2010,  p. 11 s). Lo Statuto avrebbe potuto essere ratificato – secondo la Corte Costituzionale – solo previa modifica di queste disposizioni. Modifica che non vi è mai stata. Ragion per cui, come rilevato da taluno (v. i post in Opinio Juris di Kevin Jon Heller del 26 febbraio e del 18 aprile 2014), la dichiarazione di accettazione della giurisdizione della Cpi sarebbe anch’essa in contrasto con la Costituzione ucraina.

Peraltro, la dichiarazione ex art. 12 par. 3 dello Statuto era l’unico mezzo per attribuire alla Cpi giurisdizione sui crimini commessi nell’ambito della repressione violenta delle proteste di piazza da parte del Governo di Yanukovych. A tal fine non sarebbe servita la ratifica dello Statuto. Come si desume dall’art. 11 par. 2, questa non vale a riconoscere alla Corte giurisdizione su crimini commessi prima dell’entrata in vigore dello Statuto per lo Stato ratificante.

L’accettazione della giurisdizione della Cpi da parte dell’Ucraina è limitata ai crimini commessi sul suo territorio nel periodo ricompreso tra il 21 novembre 2013, giorno in cui ebbero inizio le proteste contro il Governo di Yanukovych in seguito alla decisione di quest’ultimo di non firmare l’accordo di associazione con l’Unione Europea, e il 22 febbraio 2014, giorno della destituzione di Yanukovych da parte del Parlamento e della sua fuga. Nella dichiarazione del Parlamento ucraino si fa specifico riferimento ai crimini contro l’umanità commessi da alti funzionari statali nel tentativo di reprimere le manifestazioni antigovernative. In questo contesto, oltre cento persone sarebbero state uccise e più di duemila sarebbero state ferite. Nella dichiarazione sono menzionati espressamente, oltre all’ex Presidente ucraino, l’ex Procuratore generale Pshonka e l’ex Ministro dell’interno Zakharchenko.

Conviene domandarsi a questo punto quali conseguenze sia destinata a produrre l’accettazione della giurisdizione della Cpi da parte dell’Ucraina. Il 25 aprile scorso, come da prassi in caso di referral e dichiarazioni ex art. 12 par. 3, il Procuratore della Corte Fatou Bensouda ha annunciato l’avvio di un esame preliminare della situazione oggetto della dichiarazione ucraina, allo scopo di determinare se vi siano elementi sufficienti per aprire un’indagine (v. International Criminal Court, Office of the Prosecutor, Policy Paper on Preliminary Examinations, November 2013, par. 76). Sono diventate così nove le situazioni oggetto di un esame preliminare. L’Ucraina è il secondo paese europeo sottoposto ad un esame preliminare. Dal 2008, infatti, è in corso l’esame sui crimini che sarebbero stati commessi in Georgia, nel quadro del conflitto con la Russia dell’agosto di quell’anno (v. International Criminal Court, Office of the Prosecutor, Report on Preliminary Examination Activities 2013, p. 38 ss).

Solo se l’esame preliminare, per il quale non vi è un limite di tempo, avrà esito positivo, il Procuratore chiederà alla Camera Preliminare l’autorizzazione ad aprire un’indagine, come previsto dall’art. 15 par. 3 dello Statuto di Roma. Nel caso in cui l’autorizzazione venga accordata, Bensouda potrà richiedere alla stessa Camera l’emanazione di uno o più ordini di comparizione e/o mandati d’arresto nei confronti di individui sospettati di aver commesso crimini rientranti nella giurisdizione della Corte (art. 58 paragrafi 1 e 7).

Avuto riguardo ai fatti, i crimini su cui il Procuratore concentrerà la sua attenzione saranno verosimilmente innanzitutto i crimini contro l’umanità di omicidio volontario e persecuzione per motivi politici. Gli stessi per i quali nel 2011 il suo predecessore Luis Moreno-Ocampo chiese e ottenne l’emanazione di un mandato d’arresto nei confronti del leader libico Gheddafi, di suo figlio Saif Al-Islam e dell’ex capo dell’intelligence militare di Tripoli Abdullah Al-Senussi.

È tuttavia improbabile che con riguardo alla situazione ucraina il Procuratore agisca con la stessa rapidità della situazione libica, oggetto di un referral da parte del Consiglio di Sicurezza. D’altra parte, diversamente da Gheddafi al tempo dell’apertura dell’indagine, Yanukovych non è più al potere. L’indagine sui crimini perpetrati in Libia si sperava avesse anche un effetto deterrente rispetto alla commissione di ulteriori crimini da parte del Rais e dei suoi.

Un ostacolo all’apertura di un’indagine sui crimini commessi in Ucraina potrebbe essere rappresentato dal rispetto del principio di complementarietà, che Bensouda dovrà valutare nell’ambito dell’esame preliminare. In questo contesto, il Procuratore deve verificare, tra l’altro, se nello Stato interessato siano in corso o vi siano state indagini o procedimenti effettivi riguardo al caso da esso individuato (v. International Criminal Court, Office of the Prosecutor, Policy Paper on Preliminary Examinations, cit., par. 46). Secondo quanto riportato dai media internazionali (v. per esempio BBC e RT), già il 24 febbraio il Ministro dell’interno ad interim Avakov ha annunciato l’avvio di un’indagine e l’emanazione di un mandato d’arresto da parte dei magistrati ucraini nei confronti di Yanukovych e di altri alti funzionari per uccisione di massa di dimostranti pacifici.

In caso di apertura di un’indagine da parte del Procuratore, peraltro, il rispetto del principio di complementarietà potrebbe impedire la prosecuzione del procedimento, qualora la Cpi dovesse accogliere l’eventuale eccezione di inammissibilità sollevata al riguardo dagli individui accusati o destinatari di un mandato d’arresto o di un ordine di comparizione e/o dalla stessa Ucraina.

Occorre aggiungere, poi, che un eventuale mandato d’arresto da parte della Camera preliminare nei confronti di Yanukovich non avrà più chance di essere eseguito di quello emanato dalle autorità ucraine, almeno finché l’ex Presidente ucraino rimarrà nella Federazione russa, che non è parte dello Statuto di Roma e quindi non ha alcun obbligo di cooperazione con la Cpi.

Infine, alla luce degli eventi degli ultimi giorni, che rendono sempre più concreto il rischio di una guerra civile, è da chiedersi se non sarebbe stato più prudente per l’Ucraina accettare la giurisdizione della Cpi con riguardo a tutti i crimini commessi sul suo territorio a partire dal 21 novembre 2013 senza l’indicazione di un termine finale, come fatto dalla Costa d’Avorio, che nel 2003 ha depositato una dichiarazione di accettazione della giurisdizione della Corte a partire dal 19 settembre 2002.

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1 Comment

  1. Luigi Crema
    Maggio 6, 2014 at 2:12 pm — Rispondi

    Post molto interessante, un’altra richiesta di intervento ad-hoc per questa corte permanente. Le questioni in chiusura mi venivano in mente mentre lo scorrevo (complementarità; esclusione di altri fatti successivi, ecc. ecc.), e non saprei come rispondervi – anche per mancanza di conoscenza dei fatti. Mi rimane una domanda. Chiedi “Conviene domandarsi a questo punto quali conseguenze sia destinata a produrre”. Già, perché l’Ucraina ha dato questa accettazione così limitata? Ipotesi scettica, in mala fede, per chi ha l’ossessione dei media: per fare più rumore possibile intorno a quei soli fatti, e aver le mani libere in altre circostanze successive. Ipotesi magari in parte vera, ma forse troppo semplificante. Prendiamo allora l’ipotesi costruttiva: per avere un parere esterno e indipendente su alcuni fatti gravi specifici successi nel Paese, in cui NON SI SA se furono solo Yanukovich e i suoi ordini a decretare la repressione della piazza. Inoltre, è stato aperto un procedimento interno in Ucraina? Dalla magistratura? Oppure una commissione d’inchiesta? E, nel caso fosse stato aperto, il fatto che l’accettazione della CPI sia successiva all’apertura di tale procedimento interno può essere tenuto in conto nell’interpretare il Policy Paper on Preliminary Examinations, a favore della giurisdizione internazionale? Come dire, lo stato vuole andare oltre a quanto sta succedendo a livello statale, e non si tiene in conto perciò della complementarità. Grazie ancora del post, molto interessante

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