diritto dell'Unione europea

Il dialogo tra Corti, per finta

Lorenzo Gradoni, Max Planck Institute for Procedural Law (membro della redazione)

Il 23 novembre 2016 (ma il deposito dell’ordinanza risale a pochi giorni fa) la Corte costituzionale ha deciso di rivolgere una domanda pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Non è la prima volta; questa, però, è speciale. Chi conosce il caso – che è una prosecuzione del noto affaire Taricco, ma anche la stessa ordinanza di rimessione ha già ricevuto attenzione (v. qui, qui, qui e ancora qui, qui, qui e qui) – può saltare al capoverso successivo. Per gli altri, ecco un rapido riassunto. Tutto ha inizio con le scorrerie di «una banda nel campo del commercio di champagne» (la definizione è dell’AG Kokott) che, secondo gli inquirenti, realizza plusvalenze milionarie frodando il fisco, ai danni non solo della comunità nazionale ma anche di un più vasto ente, l’Unione europea. La banda dello champagne costituisce società di comodo per eludere l’IVA, tributo dalla cui riscossione l’Unione trae direttamente una parte importante delle proprie risorse finanziarie. Le attività illecite della banda – e di quante altre? molte, pare… – iniziano nel 2005, per puro caso l’anno in cui il Parlamento licenzia la legge detta “ex-Cirielli”, che, per i reati del tipo indicato, restringe il termine entro cui il differimento della prescrizione può spingersi, portandolo da metà a un quarto del termine ordinario. Nove anni dopo, sui membri della banda, non ancora rinviati a giudizio e pronti a brindare, si abbatte la scure della Corte di giustizia dell’Unione europea, chiamata in causa a titolo pregiudiziale dal Tribunale di Cuneo. Il giudice piemontese, non potendo incidere sulle cause strutturali di un esito cui non vuole rassegnarsi, fa quel che può: si accanisce contro il frammento di ex-Cirielli che è causa prossima dell’ingiustizia e ne denuncia numerosi profili di incompatibilità con il diritto dell’Unione, tutti abbastanza fantasiosi, in verità. L’AG Kokott cura un empatico restyling della domanda, riducendola in sostanza a un unico quesito: è la prescrizione breve compatibile con l’articolo 325 del TFUE, che obbliga gli Stati membri a combattere la frode e altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione con misure dissuasive e non meno incisive di quelle prese a tutela dei propri interessi finanziari contro illeciti analoghi? Per l’AG, assolutamente no. La Corte redige una motivazione più sfumata a sostegno della medesima conclusione (o almeno così sembra): il giudice a quo disapplichi la norma che limita il differimento della prescrizione. Il Tribunale di Cuneo prontamente esegue. Altri giudici italiani (tra cui la Corte di cassazione), invece, rifiutano di dar seguito a un’ingiunzione contraria al principio di legalità (art. 25, co. 2, Cost.), principio che la Corte costituzionale intende esteso a tutti gli aspetti della punibilità, termini di prescrizione inclusi. Contro il tentativo del giudice europeo di imporre un’applicazione retroattiva del diritto penale in malam partem, la Consulta è invitata, anche con una certa veemenza, a erigere i controlimiti. Con l’ordinanza n. 24, depositata in cancelleria il 26 gennaio 2017, il giudice costituzionale smorza i toni ma, con fermezza, chiede al giudice europeo: posso, giusto?

Una lesione degli interessi finanziari dell’Unione, grave, protratta e forse destinata a perpetuarsi; la decisione del giudice europeo di rispondere incidendo il delicato tessuto del diritto penale; la replica della Consulta, che imprime alla prassi dei controlimiti una direzione inedita: questi i presupposti di un conflitto… ah no, pardon, un dialogo.

Di dialogo tra Corti si parla molto, soprattutto in Europa. Il dialogo, però, non c’è mai stato. È solo una metafora, certo, ma ciò non toglie che la trasposizione di sequenze di arresti in forma dialogica produrrebbe effetti comici. Soliloqui intervallati da pause innaturalmente lunghe (ma molto più brevi di quelle vere), allusioni delicate, talvolta cifrate, precedute da scacchistiche meditazioni, messaggi dell’imperatore incrociati. Possibile messinscena: due o più uomini (no, niente she) seduti, postura rigida, entrambi ortogonali alla ribalta, ritagliati nel buio da una luce intensa, solennemente inespressivi. Sullo sfondo, colto da una luce più calda, un inquieto nugolo di interpreti au courant, immersi ora nel silenzioso ascolto degli arresti, ora in vorticose conversazioni sui medesimi. Il dialogo non si svolge tra le sfingi in toga parallelamente assise sul proscenio; è tra le voci che emergono e si intrecciano alle loro spalle, nei gesti di empatia, nelle espressioni corrucciate, nel giubilo, nello scandalo, nei lambiccamenti. Il dialogo è nel commento. Quel che segue, invece, è un commento in forma di dialogo. Un dialogo tra Corti, non un simposio dottrinario. Lo scopo che si prefigge è conoscitivo. Ho esitato prima di convincermi che questa forma espressiva non convenzionale (nemmeno per un blog) mi avrebbe permesso di dire di più.

Nell’immaginaria pièce appena evocata, di tanto in tanto un membro del coro se ne stacca per insediarsi rigido in prossimità della ribalta. Qui, invece, le luci sul coro si spengono, le sedie sul proscenio si scostano per affrontarsi, una scrivania interviene a separarle. Illuminazione e postura si rilassano, i paramenti giudiziari scompaiono. Luce naturale. Un ufficio. Da un lato siede la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), dall’altro la Corte costituzionale italiana (CC). Due Corti, ma niente desinenze femminili nel dialogo, se non altro perché sono 42 su 52 gli scranni occupati da giureconsulti di sesso maschile. Due uomini in completo grigio, quasi coetanei. L’italiano, un po’ più giovane, è da poco atterrato nell’aeroporto di Findel a bordo di un Bombardier Q400 Luxair, un apparecchio a elica che mantiene un’altitudine ideale per ammirare l’arcipelago toscano, poco dopo la virata sopra Fiumicino. È arrivato in auto blu (in realtà nera), l’ospite, in un paesaggio macchiato di ghiaccio: prima di scomparire in un garage, l’auto si è lasciata a destra una balena bianca dagli imponenti fanoni (la filarmonica). Il dialogo che segue è finto, naturalmente, ma, almeno, c’è stato.

Una nota al testo prima di cominciare. Le battute di uno dei protagonisti, CC, possono contenere frasi o brani tratti dall’ordinanza n. 24, talvolta lievemente adattati. In tal caso la battuta è segnalata da “CC”, in grassetto. Mentre il viaggio in Lussemburgo è un’ovvia allegoria del rinvio pregiudiziale, il dialogo si svolge prima della redazione dell’ordinanza. CC ha in tasca solo qualche appunto. Un saggio di Carlo Sotis mi ha fatto rimpiangere l’assenza di un terzo interlocutore: il giudice ordinario (magari scisso in tradizionalista e postmoderno). Per rendere conto delle mie fonti di ispirazione servirebbe una piccola bibliografia, che qui sarebbe fuori luogo. Ho alcuni debiti specifici: lo spunto sull’effettività è tratto da un intervento di Massimo Vogliotti; imprescindibile, in generale, il dibattito in Diritto penale contemporaneo; quando “uso” la regola di riconoscimento penso sempre ad Alfonso Catania; infine, grazie a Pietro Faraguna, lui sa perché. L’idea che il mio commento sia consegnato alle battute di CGUE è sensata ma inesatta. Uno dei vantaggi di questa forma espressiva è la scomparsa dell’autore monologante. È lecito attribuirmi l’invenzione dei personaggi, non le loro parole. Si recita!

CC             È un piacere rivederti.

CGUE       Entro certi limiti, il piacere è anche mio.

CC             Avevo urgenza di parlarti.

CGUE      Mi è stato riferito. Ti ascolto.

CC            (con evidente nervosismo) Si è allo stato generato un grave stato di incertezza sul significato da attribuire al diritto dell’Unione…

CGUE       Suvvia, l’incertezza è endemica, suppongo tu sappia quanti fascicoli si depositano ogni giorno sulle mie sponde (scorre in sovraimpressione la scritta “Oltre 400 rinvii pregiudiziali ogni anno)

CC             L’incertezza di cui parlo pesa su processi penali pendenti. I tribunali nazionali sono in subbuglio. A cosa si deve questa squisita accoglienza? Puoi forse imputarmi più di un’infinitesima parte della tua casistica? Siamo al terzo colloquio in oltre mezzo secolo di coabitazione.

CGUE       Anni di dotte disquisizioni sul tuo status di giudice a quo, finché non ti sei risolto a farmi visita. Ne fui felice, allora, ma ora? Non capisco perché tu sia qui, o meglio, lo intuisco e non mi piace per niente.

CC             Te l’ho detto, un grave stato di incertezza…

CGUE      Quale incertezza! Io ho parlato. È tutto scritto in Taricco.

CC             (si mostra perplesso)

CGUE       Va bene, d’accordo, Taricco letta assieme a Melloni. E poi, perdonami, anche la vostra Cassazione, ormai, segue Taricco (finge di non sapere: le ordinanze della Cassazione, III sez. pen., e della Corte d’appello di Milano giacciono sulla scrivania, annotate).

CC             Ti sbagli. L’indirizzo della Cassazione è cambiato. E non è il solo giudice ribelle al tuo volere, se lo abbiamo rettamente inteso, questo volere…

CGUE       Non capite quel che ho voluto dire in Taricco?

CC             La situazione è più complessa. I giudici che sollecitano il mio intervento credono di aver capito benissimo e mi invitano, ehm, a opporti i controlimiti. A difesa del supremo principio di legalità penale. Sono io a nutrire gravi dubbi sul senso della tua pronuncia.

CGUE       Okay, ti spiego in due parole…

CC             Non fraintendermi. Non sono qui per sbatterti in faccia un “Prego!?”, sai, come si dice quando hai udito l’ingiuria ma inviti l’interlocutore a ripeterla per innalzare il livello dello scontro. Voglio solo invitarti a riflettere su Taricco.

CGUE       Riflettere? È necessario?

CC             Un testo, specialmente se complesso, e la sentenza Taricco senza dubbio lo è, non è mai trasparente agli occhi del suo stesso autore. Sono certo che la mia interrogazione ti aiuterà a coglierne le opacità e a delucidarle, nell’interesse di tutti.

CGUE       Va bene, mi esporrò alla tua maieutica. Prima dimmi dei guai in vista.

CC             Come ti ho detto, i giudici che premono alle mie spalle invocano una soluzione radicale: controlimiti a difesa del nostro principio di legalità. È mia convinzione, tuttavia, che muovano da un falso presupposto, da una lettura di Taricco non abbastanza fine e se tu lo confermi, io potrò sedare la rivolta evitando altri traumi.

CGUE       Che diavolo vogliono fare? Disapplicare Taricco? E tu, da che parte stai?

CC             No, guarda, chez nous si disapplica il diritto interno in conflitto con il diritto dell’Unione, non il diritto dell’Unione, che è sacrosanto…

CGUE       Credi che non lo sappia? È che adoro il verbo “disapplicare”, mi ci sono affezionato, se non ti dispiace.

CC            Ah, in tal caso… dicevo, comunque, che il diritto dell’Unione – lo sai meglio di me – è sacrosanto tranne quando collide con principi per noi irrinunciabili. Nel raro – che dico! – rarissimo caso in cui accada, tocca a me stabilire se è o no legittima la nostra legge di ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona, nella parte in cui recepisce la norma europea incriminata, come eventualmente da te interpretata…

CGUE       Lo so, calmati, so come funziona da voi. Spiegami per bene perché sei qui. Capisci? Il fatto stesso che tu sia qui, in un caso del genere, non mi rassicura.

CC             Volevo appunto ricordarti, anche per contribuire a rilassare l’atmosfera, che io, in definitiva, metto a confronto solo norme interne, nient’altro. La validità del diritto dell’Unione non è mai in questione, insomma, ogni ordinamento è sovrano nella propria sfera.

CGUE       Sovrano?

CC             Certo, per quanto ci riguarda, si parla di una sovranità limitata. O autolimitata…

CGUE       Sovranità!

CC             D’accordo, perdonami, naturalmente intendo l’identità nazionale insita nella struttura fondamentale, politica e costituzionale della Repubblica italiana. Cito a memoria l’articolo 4, paragrafo 2, del TUE.

CGUE      Un’identità che io, ovviamente, rispetto.

CC             È un inizio. (sibilando, inudibile) Sei tenuto a farlo…

CGUE      Che rispetto entro certi limiti, voglio dire.

CC             Difficile definirli in astratto, questi limiti…

CGUE       … eppure bisogna tracciarli, in qualche modo. L’Unione se ne occupa tutti i giorni, nelle sue varie sedi. Cerchiamo di capirle, queste identità, di metterle in comunicazione, di trasformarle. È compito anche mio, forse soprattutto mio.

CC             Ecco, appunto, magari anch’io posso dare un contributo. Insomma, è persino doveroso che mi si…

CGUE      (inarca il sopracciglio)

CC             … non credi anche tu che alle giurisdizioni supreme degli Stati membri spetti un ruolo cruciale in questa materia? Non suggerisco che tu debba limitarti a recepire le nostre determinazioni; converrai, tuttavia, che non può esserci identità senza un ampio margine di autodeterminazione.

CGUE       In principio sono d’accordo e, infatti, sorveglio con benevolo sguardo il modo in cui tutti quanti voi vi autodeterminate. Il punto però è: fin a dove…

CC            Lasciami finire: la legittimazione e la forza stessa dell’unità in seno ad un ordinamento caratterizzato dal pluralismo nascono dalla sua capacità di includere il tasso di diversità minimo, ma necessario per preservare l’identità nazionale della struttura fondamentale di ogni Stato membro.

CGUE      Apprezzo la tua eloquenza e, una volta di più, concordo sul principio ma…

CC             … quis iudicabit?

CGUE       Mi togli le parole di bocca. Qui ci vuole un po’ di concretezza: chi ha il potere di stabilire i parametri di questo pluralismo in cui tutti, senza eccezione alcuna, proviamo a riconoscerci? Chi è meglio in grado di sciogliere le tensioni tra unità e diversità? A chi spetta assicurare che la costruzione europea sia arricchita e non minata dalle identità nazionali? Chi, se non…

CC            Non nominare invano colui che decide sullo stato di ecc. ecc.! Ora sono io a complimentarmi per l’eloquenza ma lasciamo stare Schmitt e sforziamoci di essere ancor più concreti. Siamo pratici. È appena il caso di dire che nessuno intende sottrarti il compiuto di definire il campo di applicazione del diritto dell’Unione; non si può tuttavia ulteriormente gravarti dell’onere di valutare nel dettaglio se esso sia compatibile con l’identità costituzionale di ciascun Stato membro. Insomma, nei casi in cui l’esito della valutazione non è di immediata evidenza, mi sembra ragionevole che tu provveda a stabilire il significato della normativa dell’Unione, rimettendo a noi – cioè alle autorità nazionali, a me! – la verifica ultima circa l’osservanza dei principi supremi dell’ordinamento nazionale.

CGUE      In pratica, vuoi decidere tu.

CC             Non metterla in questi termini. In fondo non siamo noi a decidere. (strizza l’occhio) Sono le norme a farlo, per noi. Nel nostro ordinamento si è consolidata – te lo assicuro io – una consuetudine costituzionale che ci vincola a riempire la nostra “diversità” di contenuti anche non autoctoni, la tradizione europea di tutela dei diritti fondamentali, il diritto internazionale, e così via; insomma, nessun rischio di derive particolaristiche. Sono qui per proporti una divisione dei compiti di conservazione e sviluppo di questo grande patrimonio comune.

CGUE       Spiacente, ma non c’è narcotico normativista che possa distogliere le mie pupille dall’unica prospettiva che conta, quella della competenza.

CC             Oserei dire che sono io il custode dei principi fondamentali del mio ordinamento. E, se permetti, quei principi hanno qualcosa a che fare con l’identità nazionale di cui parla il Trattato.

CGUE       Ho capito, ti sei schierato dalla parte dei giudici ribelli. Credi che non abbia notato il tuo tentativo di cambiare discorso, poco fa? Stai con loro, contro di me.

CC             Sì, sto con loro, penso che abbiano ragione, riguardo alla sostanza. Ma non sono contro di te.

CGUE      (espressione interrogativa)

CC             So che non è facile intuire quel che ho in mente. Lascia che spieghi. Vengo in pace.

CGUE      Vieni in pace e… concordi con chi anela i controlimiti!

CC             (arrossendo) In un certo senso sì, ma, ripeto, lascia che spieghi…

CGUE       No, aspetta… (perdendo le staffe) che senso ha discutere di controlimiti, qui? Falli scattare, una buona volta, se trovi il coraggio, ma a casa tua, non qui. Posso forse impedirtelo? Se lo fai, io posso solo attendere – (sottovoce) senza entusiasmo… – che la Commissione mi restituisca il pallino, attivando un procedimento di infrazione a vostro carico. In tal caso, potrai senz’altro contare sulla mia imparzialità!

CC             Non accadrà, non ce ne sarà bisogno, lascia che…

CGUE       Ma certo che non ce ne sarà bisogno, sai, i controlimiti sono come l’amore della celebre definizione lacaniana, «l’amour, c’est donner ce qu’on n’a pas à quelqu’un qui n’en veut pas». Io di sicuro non ne voglio sapere, di controlimiti e tu nemmeno. Non li hai mai usati. È un bluff.

CC             Ti sbagli, è una carta che ho già messo sul tavolo. Già nel 1982

CGUE      Sono documentato. Dei vostri rapporti con il Vaticano poco mi cale.

CC             238! Ti dice qualcosa questo numero? 22 ottobre 2014. Anche quello un bluff?

CGUE       Mi riferisco ai nostri rapporti. Non mi impressiona la tua capacità di contrapporti a una Corte che tratta un pugno di cause all’anno, che peraltro quasi mai vi hanno riguardato. Quelli là non fanno il bilanciamento, ti rendi conto? Sono fuori dal giro. Ricordi cosa ha scritto quel famoso professore newyorchese cresciuto in Nuova Zelanda? Che se non esistesse, la World Court, nessuno si prenderebbe il disturbo di crearla, oggi.

CC             (farfugliando a mezza voce) Questo lo si potrebbe dire anche di te, temo.

CGUE       Prego?

CC             No, nulla! Discorrevo tra me e me. Pensavo a quante corti internazionali risiederebbero in questo ipotetico limbo. Quante di loro non esisterebbero, se non esistessero già? Dà da pensare, no?

CGUE                  Mi includi tra color che stan sospesi, suppongo…

CC             Come potrei!

CGUE       … magari nell’attesa che si abbattano su di me i controlimiti… vuoi mandarmi all’inferno?

CC             Non sia mai.

CGUE       Menti.

CC             Come ti pare.

CGUE       Del resto, hai ragione. Mi sono fatto troppi nemici, non potrei ricominciare da zero. Ma che importa? Guarda quanta vita scorre attraverso di me, quante cose turbinano attorno a me. (sorride) È la “forza propria” del diritto dell’Unione. Anche tu hai contribuito alla sua… accumulazione primitiva. E ora? Vuoi intaccare la mia autorità?

CC             No, voglio parlarti di controlimiti in un modo nuovo.

CGUE       (ostentando noia) Non si è già detto e pensato tutto, sul tema?

CC             Non sono qui per intrattenerti. Quel che sto per dirti ti suonerà familiare.

CGUE       Niente di nuovo, dunque. Almeno veniamo al dunque.

CC             Sono qui allo scopo di fare evolvere i rapporti tra ordinamenti in una direzione da molti auspicata e soprattutto già iscritta nel diritto dell’Unione, al livello più alto. Ma ciò che è in nuce nei Trattati non può tradursi in atto senza il tuo sigillo.

CGUE       Le tue lusinghe mi insospettiscono.

CC             Se sono venuto a Canossa a discutere di controlimiti è perché (gesto ampio del braccio) i controlimiti sono qui.

CGUE       (si acciglia)

CC             I controlimiti sono nel TUE. Nella clausola sulle identità nazionali. Sono stati europeizzati. È venuto il momento di riconoscerlo. E non c’è solo la clausola sulle identità…

CGUE       (dà segni di inquietudine)

CC             … c’è anche la clausola sul livello di protezione, nella Carta sui diritti fondamentali. Quello che io difendo è un livello di tutela più elevato e il diritto dell’Unione stesso ti vieta di rintuzzarlo. Così è, anche se non ti pare.

CGUE       (scuote il capo in modo quasi impercettibile)

CC             Capisci? Se accedi a questa prospettiva, il conflitto svanisce. L’europeizzazione dei controlimiti è la fine dei controlimiti!

CGUE       (labbra serrate)

CC            Se mi autorizzi a leggere la sentenza Taricco in questa chiave, cioè come pronuncia i cui effetti sono costitutivamente limitati in ragione dell’esigenza di rispettare i nostri principi fondamentali, cesserebbe ogni ragione di contrasto e la questione di legittimità costituzionale sarebbe respinta. Forse, a ben vedere, Taricco stessa rispecchia questa consapevolezza del limite…

CGUE       Ne parliamo dopo. Prima bisogna intendersi sui fondamentali.

CC            Concordo, rimaniamo concentrati sul rapporto tra ordinamenti. Perché, sai, il primato del diritto dell’Unione – per come lo vedo io – non esprime una mera articolazione tecnica del sistema delle fonti nazionali e sovranazionali; esso riflette piuttosto il convincimento che l’obiettivo dell’unità, nell’ambito di un ordinamento che assicura la pace e la giustizia tra le Nazioni, giustifica una rinuncia a spazi di sovranità, persino se definiti da norme costituzionali. Questi spazi devono tuttavia conservarsi, in qualche misura, lo pretende lo stesso diritto dell’Unione! Altrimenti…

CGUE       Altrimenti cosa?

CC             Aspetta… fammi leggere… (fruga in una tasca) su questo ho un appunto.

CGUE       (afferra una tastiera wireless) Sentiamo.

CC            «Altrimenti i Trattati europei mirerebbero contraddittoriamente a dissolvere il fondamento costituzionale stesso dal quale hanno tratto origine per volontà degli Stati membri».

CGUE       (digita freneticamente) Una frase difficile.

CC             Lo credo bene. Vuole esprimere la ragione essenziale e definitiva per accogliere la soluzione che propongo.

CGUE       Pensi di inserirla nell’ordinanza di rimessione?

CC             Potrebbe esserne il fulcro.

CGUE       Come la tradurresti in inglese?

CC             (sguardo basso, espressione concentrata)

CGUE       Aspetta. (Alza la cornetta) Sì, pronto. Come tradurresti in inglese «i Trattati europei mirerebbero contraddittoriamente…», ti ho appena mandato una mail col testo… okay, capisco… così, all’impronta, sì… (scosta la cornetta e scandisce a voce alta) «the European Treaties… would contradictorily aim… at shattering… the very constitutional foundations on which they were built… by virtue of the Member States’ will». Può andare?

CC             Credo di sì. C’è l’esigenza di interpretate i Trattati europei in modo non contraddittorio, cui tengo molto… la volontà degli Stati è messa bene in evidenza… eviterei però quel “foundations” al plurale.

CGUE       Non suona meglio?

CC            Forse, ma non rispecchia l’intendimento che è sempre stato alla base della mia azione, sin da quando rinvenni nell’articolo 11 della Costituzione italiana la chiave di volta dell’ordinamento europeo. Facciamo “foundation”, al singolare, se non ti dispiace.

CGUE       Potrebbe dispiacermi quest’aria di monismo a trazione interna.

CC             Nessun monismo – te lo assicuro – la mia fede pluralista è incrollabile. Ma cos’è il pluralismo, se non un imprevedibile gioco di monadi cangianti?

CGUE       E la volontà degli Stati membri di cui parli? Intendi riferiti a una volontà comune, una Vereinbarung capace di blindare il diritto superstatale contro le incursioni di singoli sovrani impazienti, oppure alludi alle volontà dei singoli Stati membri, che non blindano nulla, anzi aprono altrettanti canali di sfondamento del diritto dell’Unione, a propria misura, e in corrispondenza del fondamento costituzionale che ciascuna di quelle volontà attiva, nella tua prospettiva l’articolo 11…

CC             Lo ammetto, mi riconosco in un’impostazione volontaristica vecchio stile ma rifuggo la plumbea cappa della Vereinbarung. Gli internazionalisti tardo-ottocenteschi ne avevano bisogno per scacciare una comprensibile ansia del fondamento. Oggi è diverso. Il nostro Rechtsbewusstsein si è profondamente evoluto: pensiamo con audacia le infinite combinazioni dell’interlegalità, assistiamo impassibili – in realtà vagamente eccitati – all’enchevêtrement des espaces juridiques, i nostri volti illuminati da imponderabili quantistici contrappunti normativi…

CGUE       Non ti sapevo immerso in queste contemporanee stravaganze! Non prendertela, scherzo (affettuosa stretta all’avambraccio).

CC             L’idea potrà forse apparirti contraddittoria, ma io credo in un diritto dell’Unione sorretto da una pluralità di fondamenti – (ridendo) tanti fondamento! – convergenti ma irriducibili a unità: e pluribus plures.

CGUE       Interessante… eppure, caro mio, non c’è posa avanguardistica che possa celare la tua ansia fondazionalista. Che peraltro sublima un istinto prevaricatore.

CC             Non offenderti se ti faccio notare che sei tu, di solito, a passar per prevaricatore.

CGUE       Naturale. Nell’immaginazione comune io incombo su di voi, proprio come l’ordinamento generale è visto a strapiombo su quelli particolari; e perché – mi chiedo – non si potrebbe vedermi in basso, appeso, divorato dall’angoscia di esser lasciato precipitare? Metaphors we live byor by which we die.

CC             Anche tu ti diletti con Lakoff? Ora però ascolta: gli ordinamenti nazionali fondano quello dell’Unione. In questo senso, stanno in basso. È questo fatto, questa realtà storica innegabile, a ispirare la metafora spaziale, non il contrario.

CGUE       Ancora con questo fondamento! Posso farti una confidenza? Mi preme molto.

CC             Sono qui per questo.

CGUE       Grazie. Risiedo da decenni in questo piccolo Paese incastrato tra Belgio, Francia e Germania. Eppure, per quanto io sia talvolta costretto a fingere, non condivido con i continentali quest’ansia del fondamento, o non la condivido più, dopo tutto quel che ho visto e vissuto.

CC             Ma anche tu evochi il fondamento, nella tua giurisprudenza…

CGUE       Certo, perché no, trasmette un’immagine di solidità, serve per tirarsi un po’ su… ascolta (cerca la concentrazione quindi declama): «Il diritto nato dal trattato, che ha una fonte autonoma, per sua natura non può trovare un limite in qualsivoglia noma di diritto nazionale senza perdere il proprio (voce rotta dalla commozione) carattere comunitario e senza che sia posto in discussione il fondamento giuridico della stessa Comunità».

CC             Internationale Handelsgesellschaft.

CGUE       Bien sûr.

CC             Piangi…

CGUE       Perdonami… mi succede quando penso alla Comunità.

CC             (intenerito) Avresti potuto citare Costa.

CGUE       Preferisco la sorellina tedesca.

CC             Wieso? Se è lecito chiedere.

CGUE       Internationale dice “norma di diritto nazionale”, un’espressione che comprende tutte le norme, incluse quelle costituzionali, mentre Costa parla di “provvedimenti”, ma è vero che la versione francese era già stupendamente onnicomprensiva.

CC             Comunque sia, i discorsi che fai sul fondamento, a giudizio di molti, ricordano quella tela di Magritte, Il Castello dei Pirenei, un enorme masso sospeso nel vuoto…

CGUE       Lo sai anche tu che è la “forza propria” a sostenerlo! (ride pensando a Granital).

CC             Appunto, la forza propria… proprio non si sa cosa sia!

CGUE       Guarda che è proprio la forza propria il punto essenziale.

CC             Non prendermi in giro.

CGUE       Al contrario, è importante, se vuoi davvero capirmi. Come ti dicevo, da tempo ho smesso di interrogarmi sulla radice metafisica del diritto dell’Unione. Attendo invece alla sua crescita, a mettere ordine nel groviglio dei suoi rami, a spingere la sua chioma verso l’alto, cercando di conservarne le armoniose proporzioni – insomma – mi appago della sua rigogliosa dimensione empirica. Eh sì, sono molto “inglese” (sorride).

CC             Andiamo!

CGUE       Sì, è così. Mi affascina la superficie mobile della regola di riconoscimento hartiana che, come sai, è consuetudine alimentata dalla prassi dei funzionari, noi in primo luogo – sì, tu ed io e tutti quelli come te – i giudici supremi. Finché la nostra comunità resta unita, cioè impegnata in uno stesso gioco, non c’è ragione di farsi impensierire, o peggio paralizzare, dalle fratture interordinamentali che ci separano e che sono più teoriche che reali.

CC             Non ti sembra di esagerare?

CGUE       No. Nella prassi di cui parlo cooperazione e conflitto, anche radicale, coesistono. La regola di riconoscimento può essere aperta, contraddittoria, aporetica. La nostra regola di riconoscimento, senza dubbio, lo è. La tua dottrina dei controlimiti ne è un chiaro sintomo. E io – bada bene – la accetto! Ne sei stupito?

CC             Si vede?

CGUE       La accetto esattamente come tu accetti che io non perda occasione per riaffermare un’inflessibile dottrina del primato.

CC             Ma io non la accetto per niente!

CGUE       Sì, invece, perlomeno nel senso che accetti che io la tenga ferma. Non puoi dirlo, che la accetti, esattamente come io non posso dire che accetto la dottrina dei controlimiti. Entrambi le accettiamo in pratica, costituendo così una regola di riconoscimento – una, la nostra – che è contradditoria ma comune.

CC             Quindi, affare fatto? Ti mostrerai acquiescente?

CGUE       Eh no!

CC             Come no?

CGUE       L’acquiescenza non c’entra. È in gioco qualcosa di più profondo (scandisce lentamente, in inglese): E.C.D.M.

CC             (sguardo interrogativo, lievemente allarmato)

CGUE       E.C.D.M. sta per European Constitutional Dark Matter. Mai sentita?

CC             No. È un modo bizzarro di riferirsi alla costituzione materiale?

CGUE       Non proprio, ma nemmeno sei fuori bersaglio. Potrebbe trattarsi, in effetti, del suo plesso più oscuro: Mortati più il Polanyi di The Tacit Dimension. L’acquiescenza però non c’entra; è fuorviante, se si vuole cogliere la dimensione non verbale della regola di riconoscimento. L’acquiescenza è schiava del verbo, è solo un silenzio che lo rispecchia! Quel che ho in mente, quando alludo alla dimensione tacita nella quale vorrei ci ritrovassimo, è quel che noi facciamo, magari nonostante quel che diciamo. Vuoi un esempio?

CC             (sardonico) Sì, ti prego, è indispensabile.

CGUE       Ti ricordi lo scherzetto che il tuo governo mi ha fatto nel caso Gauweiler?

CC             Sì, certo, ti ha invitato a non esaminare la questione pregiudiziale, perché la Corte costituzionale tedesca aveva dichiarato che in ogni caso avrebbe fatto di testa sua.

CGUE       E io, come ho risposto?

CC             Con invidiabile aplomb… ricordo una convenzionale disamina della tua giurisprudenza sull’utilità del quesito, non priva di un’oggettiva sfumatura ironica, date le circostanze…

CGUE       Non una parola sul primato del diritto dell’Unione.

CC             Già.

CGUE       E la replica del Bundesverfassungsgericht?

CC             Non ha apprezzato. Te ne ha dette di tutti i colori…

CGUE       … eppure, nonostante ciò che dice…

CC             … ci sta.

CGUE       Vedi? Ora prendiamo il caso di un giudice costituzionale meno scontroso, ma non per questo meno importuno, come vedremo.

CC             Immagino tu ti riferisca al Tribunale costituzionale spagnolo. Sappi che io mi appresto a calcare le sue orme, almeno in parte…

CGUE       (teatrale singulto) Ahimè!

CC             (sobbalza) Non spaventarmi…

CGUE       Il Tribunal constitucional mi chiese se poteva accantonare una decisione-quadro sul mandato di arresto europeo per lasciar spazio a una norma interna di rango costituzionale. Tutto ciò in base all’articolo 53 della Carta dei diritti fondamentali, quindi facendo leva sul diritto dell’Unione, accidenti!

CC             Circostanza che ti costrinse a riaffermare il primato… del primato, contro certe tendenziose letture dell’ultima frase dell’articolo 53… tendenziose per te, io le condivido.

CGUE       Peggio per te. Sai, non mi piacque affatto insistere sul primato, con quella durezza, poi. Preferirei che lo deste per scontato il primato, almeno nel perimetro del diritto dell’Unione… a casa vostra, invece, sul rapporto tra ordinamenti, raccontatevela pure come vi pare!

CC             Temo che sia tu a raccontartela sul primato del diritto dell’Unione.

CGUE       Ciò che io dico sul diritto dell’Unione, è il diritto dell’Unione. Punto.

CC             Non credo. Ti prego di ricordare che mi manda uno degli Herren der Verträge.

CGUE       Sì, certo, ti manda Picone…

CC             Il tuo sarcasmo è fuori luogo. Da te mi aspetterei una serena presa di coscienza. Ormai è chiaro che il primato dell’Unione non è più quello che ti ostini a credere. La disposizione sul primato iscritta nello sfortunato Trattato-costituzione si è volatilizzata – puf! – il primato è sparito con l’inno, la bandiera e l’icona della legge. Al suo posto è emerso l’obbligo di rispettare le identità nazionali. Non c’è solo l’articolo 53…

CGUE       Ah, è così che tu interpreti quel che accadde tra il naufragio del Trattato-costituzione e la sua algida reincarnazione sulle rive del Tago…

CC             (cenno di assenso)

CGUE       Io no! La mia interpretazione di quella vicenda storica è molto diversa, opposta direi.

CC             Sentiamo.

CGUE       A parte il fatto che il primato sopravvive in una dichiarazione…

CC             … segno inequivocabile della sua messa in sordina, appunto.

CGUE       Concordo. E proprio per questo sostengo che l’evizione del primato corrisponde a una rimozione…

CC             (divertito) Certo, cos’altro potrebbe essere?

CGUE       Intendo rimozione in senso psicanalitico. Il primato è l’oggetto scabroso attorno al quale gravita tutto l’ordinamento, che nella prassi è uno. (sottovoce, inudibile) Finché dura. (riprende a voce alta) Simmetricamente, la clausola sulle identità nazionali, messa sul piedistallo del Trattato, visibile, apparentemente centrale, è invece destinata a rimanere del tutto marginale nella vita dell’ordinamento.

CC             Questa poi!

CGUE       Ti dirò di più: è il simbolo stesso dell’affievolirsi delle vostre pretese sovrane. (con aria grave) Nulla è come sembra.

CC             Queste provocazioni non ti aiutano a persuadermi.

CGUE       Vuoi una dimostrazione?

CC             Impossibile.

CGUE       (sorride) Forse hai ragione… lascia almeno che ti indichi un segno del fatto che ciò che sostengo è vero. Leggi questo brano dell’ordinanza di rimessione della Cassazione (gli porge un foglio, pag. 50, evidenziato nella parte bassa).

CC             Non è meglio tornare al caso Melloni? Stiamo divagando, si sta facendo tardi.

CGUE       Stiamo ancora parlando di quel caso, ben presto te ne renderai conto. Leggi, leggi…

CC             «Non potrebbe fondatamente obiettarsi che l’art. 4.2 TUE…»…

CGUE       … cioè la clausola sulle identità nazionali che tu voluttuosamente accarezzi, prosegui…

CC             … in pratica non si può sostenere che la clausola sulle identità nazionali «avrebbe “comunitarizzato” i controlimiti, incorporandoli nel diritto eurounitario, e trasformandoli da controlimiti esterni in semplici limiti interni all’ordinamento dell’UE», bla bla, «una tale interpretazione, infatti, snaturerebbe la funzione stessa dei controlimiti, neutralizzandone i contenuti, in quanto la gestione ed il rispetto dei controlimiti sarebbe affidato all’ordinamento… “eurounitario”, nei cui confronti essi vengono opposti…»

CGUE       Vedi? La Cassazione teme che la clausola sulle identità nazionali mi autorizzi a prendere in gestione i controlimiti. E ne ha ben donde, sia perché la clausola si trova nel mio Trattato, sia perché il mio abbraccio interpretativo soffocherebbe la rivendicazione di autonomia che è consustanziale alla prassi dei controlimiti. Non mi stupisce che a Piazza Cavour vogliano esorcizzare questa prospettiva; il punto è come… (sogghigna) leggi l’ultima frase del brano.

CC             Se così fosse, se cioè i controlimiti fossero europeizzati in virtù dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE, «la norma del Trattato sarebbe costituzionalmente illegittima per contrasto con il metaprincipio supremo della intangibilità dei principi supremi». Senti, non sono parole mie…

CGUE       (sorride) Dimmi, in quale spazio giuridico alloggerebbe questo, ehm, metaprincipio?

CC             Spiritoso… nel nostro ordinamento, naturalmente; ma insisto: non sono parole mie. Il metaprincipio è un’escrescenza superflua, i principi supremi sono già abbastanza “meta-”, per i miei gusti. La mia impostazione, rispetto a questo specifico problema, è completamente diversa da quella della Cassazione. Avrai capito, ormai, che io desidero l’europeizzazione dei controlimiti, non la temo affatto!

CGUE       Il tuo gambetto!

CC             Non ti considero un avversario.

CGUE       Male.

CC             …la desidero, dicevo, a patto che spetti a me definire il contenuto dell’identità costituzionale che tu sei tenuto a rispettare. Ed è quel che farò nella mia ordinanza.

CGUE       E se ometti qualcosa? Se ho un dubbio sul significato delle tue parole? Come mi comporto? Faccio un rinvio pregiudiziale al contrario?

CC             (ridendo) Forse bisognerebbe prevederlo nella prossima revisione dei Trattati!

CGUE       Scherzi a parte, il caso Melloni non contiene, secondo te, un prezioso insegnamento, proprio su questo punto?

CC             Non mi pare che la clausola sulle identità nazionali vi abbia giocato un ruolo significativo…

CGUE       Appunto! Ancora una volta, attenzione alla dimensione tacita della prassi… ti risulta che il cortesissimo Tribunal constitucional se ne sia avvalso?

CC             No.

CGUE       E io, l’ho forse evocata?

CC             No. Così facendo, secondo alcuni, hai lasciato una porta aperta…

CGUE       Io direi piuttosto… (urlo soffocato) non aprite quella porta!

CC             (si ritrae spaventato)

CGUE       Dietro quella porta trovereste, non la pace dei controlimiti, ma l’atroce esperimento che l’AG Bot ha compiuto, proprio nelle conclusioni sul caso Melloni, a titolo dimostrativo, mi piace pensare…

CC             (rabbrividendo) Sii più chiaro…

CGUE       Ci occuperemmo noi di definire – o di ridefinire – la vostra identità, principi fondamentali inclusi. Non vi prenderemmo certo in parola! Se necessario, metteremo i poteri nazionali uno contro l’altro, i giudici supremi contro i governi, i parlamenti contro l’opinione pubblica, per scoprire – e imporvi – la vostra vera identità (sogghigna). Poco importa quel che asserisce il giudice costituzionale spagnolo, quel che conta è lo spirito che pervade il Regno di Spagna, come ci ha insegnato il nostro caro Doktor Bot…

CC             Ti spingeresti a tanto?

CGUE       L’ho forse fatto, nel caso Melloni? Non vorrei essere costretto da una tua improvvida iniziativa.

CC             Nel caso Melloni non serviva. Qui è diverso, perché tu hai recintato il terreno dell’articolo 53. Quale altra possibilità abbiamo, se vogliamo difendere i nostri principi supremi?

CGUE       Rifletti sull’epilogo del caso spagnolo. Cosa accadde?

CC             Il giudice costituzionale spagnolo ha di fatto accettato il tuo verdetto.

CGUE       Dici bene, di fatto, vedo che cominciamo a capirci, la dimensione tacita… perché a parole, invece, il Tribunal ha confermato la supremazia del diritto costituzionale, indirizzandomi giusto un’attestazione di stima, nel quadro di un’artificiosa interpretazione conforme a un pot-pourri di fonti extrastatali: la mia sentenza gli sarebbe stata «de gran utilidad»!

CC             Che lezione dovrei trarne: che non mi resta che piegarmi al tuo volere?

CGUE       Non chiedo questo. Il gesto del Tribunal constitucional mostra che un aggiustamento è possibile senza soppressione del conflitto. Io ho riaffermato il primato – ripeto: malgré moi – il mio interlocutore s’è rifiutato di darmi ragione; io, da parte mia, ho accuratamente evitato qualsiasi ingerenza nella definizione dei suoi principi fondamentali… et voilà, il diritto dell’Unione ha prevalso.

CC             Il conflitto ti piace solo se vinci.

CGUE       Ti sbagli. Sono pronto ad accettare la sconfitta, se di questo davvero si tratta; quel che non accetto è la fine del conflitto. Che è ciò che tu proponi, quando pretendi di incardinare la logica dei controlimiti – cioè la tua logica – nel Trattato.

CC             Significa semplicemente dare corpo a disposizioni pattizie che l’Unione deve rispettare.

CGUE       Insisti… certo che siamo tenuti a osservarle, ma non secondo l’interpretazione che ne dai tu! La Corte di cassazione (brandisce il testo dell’ordinanza) scrive di una «fisiologica actio finium regundorum» che tu saresti chiamata a compiere. Fisiologica? Cosa significa? È un tentativo di neutralizzare il conflitto con argomenti pseudoscientifici? E poi, nel diritto internazionale – che di confini se ne intende – una frontiera contesa non si traccia unilateralmente.

CC             Non sono parole mie…

CGUE       E le tue intenzioni? Non sono forse le stesse?

CC             Voglio solo contribuire a gettare le fondamenta di un pluralismo ben ordinato. Certamente meno conflittuale di quello che tu sembri prediligere.

CGUE       Il pluralismo è conflitto. Sentiamo… dove collochi la sede normativa del tuo pluralismo?

CC             Nella clausola sulle identità nazionali, anzitutto.

CGUE       Lo sospettavo. Per me, invece, sta nella prassi consistente nel tenersi, tutti quanti, a debita distanza da quella disposizione, dal suo sottofondo limaccioso, ripugnante e al tempo stesso assai più interessante della scialba formuletta che gli fa da coperchio. Se preferisci un’altra immagine, la clausola sulle identità nazionali è come la no man’s land del 38° parallelo coreano: io non la invado, a patto che voi non tentiate di occuparla.

CC             E.C.D.M.?

CGUE       Sì, questa prassi non verbale è parte della E.C.D.M., la materia costituzionale oscura di cui parlavamo poco fa. È in questo strato profondo della normatività che il conflitto si sviluppa, si risolve, si rigenera. Ti inquieta, lo so, e il tuo istinto è di sopprimerlo. In questo modo, però, rischi di compromettere la vitalità dell’ordinamento. La tua è una pulsione di morte: il pluralismo ben ordinato è solo un bel fossile. Io mi opporrò, rilanciando così il conflitto. Tu innalza pure i controlimiti! Come vedi, sono pronto a incassare il colpo, un accomodamento si troverà…

CC             Non saltare alle conclusioni.

CGUE       È tardi, ormai.

CC             Chiedo solo che tu mi riconosca una sfera di autonomia minima. Voglio solo poter difendere, senza traumi, una manciata di principi irrinunciabili. È chieder troppo?

CGUE       I principi, in quanto tali, non mi disturbano. Il problema è: a quante e quali cose danno copertura? Quante infrazioni del diritto dell’Unione si potranno giustificare nel loro nome?

CC             Non essere pessimista. Tanto per cominciare, ti assicuro che rispetterò la pre-emption del diritto dell’Unione. Melloni smentisce la lettura dell’articolo 53 che io prediligo, lo sai. Tuttavia, ci ho riflettuto a lungo e credo che nell’ordinanza sceglierò una strategia di aggiramento…

CGUE       Vedi? Questa è la regola di riconoscimento hartiana in atto! Scusami, prosegui…

CC             Dicevo che su Melloni sarei per un distinguishing.

CGUE       Sentiamo.

CC            Il caso di cui discutiamo si distingue nettamente

CGUE       Non esageriamo.

CC            Mi interrompi un po’ troppo spesso. Dicevo che la differenza mi pare evidente, nel senso che in Melloni, la prevalenza dello standard nazionale avrebbe comportato la rottura dell’unità del diritto dell’Unione in una materia basata sulla reciproca fiducia in un assetto normativo uniforme. Viceversa, il primato del diritto dell’Unione non è posto in discussione nel caso di cui parliamo, perché non è in questione la regola enunciata dalla sentenza Taricco, ma solo l’esistenza di un impedimento di ordine costituzionale alla sua applicazione diretta da parte del giudice. Questo impedimento, a ben vedere, non dipende dalla contrapposizione di una norma nazionale alle regole dell’Unione ma solo dalla circostanza, esterna all’ordinamento europeo, che la prescrizione in Italia appartiene al diritto penale sostanziale, e soggiace perciò al principio di legalità in materia penale. Sarebbe perciò proporzionato che l’Unione rispetti il più elevato livello di protezione accordato dalla Costituzione italiana agli imputati, visto che con ciò non viene sacrificato il primato del suo diritto.

CGUE       Non sono sicuro di seguirti, forse è colpa della stanchezza. Rifletterò con calma sul testo che mi manderai. Per ora mi limito a due osservazioni.

CC             (posa la penna su un taccuino)

CGUE       Primo. Se la disposizione di cui Taricco imporrebbe la disapplicazione impedisce l’attuazione di una norma del Trattato, come si può negare l’esistenza di una contrapposizione? Secondo. Se tale contrapposizione è prodotta dal tuo modo di concepire il principio di legalità, non vedo a cosa possa servirti sostenere che tale concezione sarebbe «una circostanza esterna all’ordinamento europeo», dal momento che ostacolerebbe l’attuazione del Trattato… ma avrò capito male.

CC             Forse… resto convinto che ci siano importanti differenze tra Melloni e il caso che mi accingo a sottoporti.

CGUE       Concordo. Per esempio, nel caso di oggi è evidente che non è in gioco – ti cito – «una materia basata sulla reciproca fiducia in un assetto normativo uniforme». È però in causa la fiducia dell’Unione nel fatto che gli Stati membri, seppure con mezzi diversi, rispettino gli impegni che hanno contratto sottoscrivendo il Trattato, no? Ci sono distinctions without a difference, ma anche differences which do not warrant a distinction.

CC             Resto della mia idea, ma non voglio insistere oltre. (sbircia il telefonino) Tra meno di un’ora parte il mio aereo. Vogliamo chiudere con due parole su Taricco?

CGUE       Spara.

CC             Non è una decisione equilibrata.

CGUE       Io ritengo che lo sia, benché crei un disequilibrio…

CC             Cioè?

CGUE       Sì, un disequilibrio, il cui scopo è sbloccare uno stallo insostenibile. La tessera Taricco, male che vada – e io non prevedevo che andasse bene… – fa cadere la tessera dei controlimiti che, a sua volta, colpisce la tessera del Guardiano dei Trattati, che di fronte a una simile sfida potrebbe uscire dal suo torpore, sai, il poliziotto dell’austerità non ci tiene a far passare l’Unione per un soggetto avido di tributi… e poi, soprattutto, c’è la tessera del legislatore italiano, dal quale mi aspetterei un intervento che vada oltre la manipolazione dei termini di prescrizione.

CC            Nell’ordinanza riconosceremo… anche su questo ho un appunto… riconosceremo (legge) «la responsabilità della Repubblica italiana per aver omesso di approntare un efficace rimedio contro le gravi frodi fiscali in danno degli interessi finanziari dell’Unione», eccetera, «e in particolare per avere compresso temporalmente l’effetto degli atti interruttivi della prescrizione».

CGUE       Ottimo, grazie. C’è altro?

CC             Sì. Taricco è indigeribile, mi spiace. Crea aree di eccessiva indeterminatezza nel campo del diritto penale. Ne soffre non solo il principio di legalità, ma anche quello della separazione dei poteri. Con quella sentenza, in pratica, hai chiesto al giudice di compiere valutazioni di sistema, scelte di politica criminale, insomma di sostituirsi al legislatore. È inammissibile!

CGUE       Capisco…

CC            Tieni presente che questa considerazione non rispecchia un’idiosincrasia del nostro ordinamento, ma un’esigenza comune alle tradizioni costituzionali degli Stati membri, presente anche nel sistema di tutela della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e che come tale incarna un principio generale di diritto dell’Unione.

CGUE       Citami i punti della sentenza che ti preoccupano, per piacere.

CC             Mi riferisco essenzialmente al punto 47, dove – per esempio – circoscrivi la disapplicazione ai casi riguardanti «una frode grave». Come si può far dipendere la punibilità dall’applicazione di un parametro simile?

CGUE       Il requisito della gravità è soddisfatto tutte le volte che i fatti scoperti dalle indagini sono ritenuti di rilevanza penale. In altre parole: la frode non è punibile-se-grave; è grave-se-punibile. Punibile secondo il vostro ordinamento. Mi pare che in questo modo il problema scompaia. Se c’è bisogno, chiarirò.

CC             E il brano dove affermi che la norma da te censurata va disapplicata solo se il giudice si convince che ostacola l’azione penale «in un numero considerevole di casi»?

CGUE       Ho commesso un errore di comunicazione, lo ammetto.

CC             Tutto qui?

CGUE       Proprio così. Il Tribunale di Cuneo aveva già accertato che tener ferma la ex-Cirielli avrebbe reso l’impunità per quel tipo di reati «non un’evenienza rara, ma la norma», e ciò in rapporto all’intero territorio nazionale! È possibile contestarlo? Non credo. Tutto il mondo ne parla. In pratica, quindi, la norma nazionale cade sempre. Il giudice non ha alcun potere discrezionale. Non si sostituisce al legislatore; più che altro resta in attesa che quest’ultimo intervenga organicamente nella materia e nel frattempo seppellisce quell’insidioso capestro.

CC            Ma non vedi come la tua lettura dell’articolo 325 del TFUE rischia in generale di tramutare il giudice in legislatore? Secondo te quella disposizione esprime un obbligo chiaro e incondizionato, ma si tratta pur sempre un obbligo di risultato, mentre il percorso che il giudice penale è tenuto a seguire in vista dello scopo non è indicato. In questo modo si potrebbe permettere al potere giudiziario di disfarsi, in linea potenziale, di qualsivoglia elemento normativo che attiene alla punibilità o al processo, purché esso sia ritenuto di ostacolo alla repressione del reato.

CGUE       No, questo non puoi dirlo. Non vale nemmeno «in linea potenziale». Non dimenticare che io garantisco il rispetto dei diritti umani in tutta la sfera di applicazione del diritto dell’Unione.

CC             Non ho ragione di dubitarne, scusami. Ti confesso, tuttavia, che mi inquieta la torsione prodotta da Taricco: un tempo l’effetto diretto ti serviva per conferire diritti e poteri agli individui, oggi lo usi per dargli la caccia…

CGUE       (riso amaro) Credi che mi piaccia? Non mi piace per niente. Il caso è eccezionale. E poi, se ti preme la sorte degli individui, prova a vederla così: la mia iniziativa ha lo scopo di proteggere l’interesse collettivo, che, per così dire, è anche un interesse diffuso, cioè l’interesse individuale di molti…

CC             Ragionando così rischi di uscire dall’alveo della tradizione liberale, mentre – permettimi un colpo di coda – il principio di legalità che io difendo la illustra!

CGUE       È bene che tu sappia che io non ho nulla contro il tuo principio di legalità extralarge. Tienitelo stretto, ma fai in modo che l’Italia rispetti i patti, agisci – e invita ad agire – su altre leve. Vedi? Io non mi metto in mezzo tra te e la tua Carta, mentre tu pretendi di dettarmi l’interpretazione della clausola sulle identità nazionali, che si trova nel mio Trattato.

CC             Le nostre posizioni non sono simmetriche: il tuo Trattato non esisterebbe senza la mia Carta… okay, lasciamo perdere, prendo atto che sul piano della teoria le nostre traiettorie divergono.

CGUE       Saggia risoluzione.

CC            Non puoi negare che un principio di legalità esteso a ogni aspetto della punibilità sia una conquista di civiltà. Se il processo di integrazione europea degrada le conquiste nazionali in tema di libertà fondamentali, si allontana dal suo percorso di unificazione nel segno dei diritti umani.

CGUE       Vuoi salutarmi con questo simpatico ammonimento?

CC             È mio compito riaffermare i principi dello stato liberale di diritto.

CGUE       È anche il mio. Temo però di non condividere del tutto il tuo concetto di “stato liberale di diritto”. E i cittadini che vedono andare in fumo un processo dopo l’altro, che assistono al triste spettacolo di una giustizia impotente, non avrebbero secondo te qualcosa da obiettare?

CC             Vi sono principi irrinunciabili, la cui affermazione non può dipendere dalle circostanze del caso concreto, né da valutazioni riguardanti supposte inefficienze del sistema di amministrazione della giustizia.

CGUE       Lo script che struttura i tuoi pensieri ha per protagonista un individuo disarmato al cospetto di uno Stato onnipotente e pronto a opprimerlo…

CC             Ancora Lakoff?

CGUE       … sì, l’immagine di quello sconsolato eroe determina in buona parte le tue conclusioni. La banda dello champagne se la ride e con lei molti altri tipi poco raccomandabili.

CC             Precediamo gli altri sulla via della civiltà.

CGUE       La cultura politica liberale è anche arte di governo, è ricerca di difficili equilibri reali tra interessi individuali e collettivi. Non perdere di vista l’effettività. Senza una cornice di effettività, i principi che difendi rischiano di divenire anch’essi illusori o, peggio, incomprensibili. Questa è la chiave per comprendere Taricco, oltre all’esigenza di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, naturalmente. Non si campa strimpellando per tutta la vita Van Gend en Loos.

CC             (guarda preoccupato l’ora)

CGUE       Devi andare. Spero che le mie indicazioni possano esserti, ehm, de gran utilidad.

CC             Non cederò, se è questo che vuoi sapere.

CGUE      Lo dirai nell’ordinanza? Formulerai un’esplicita minaccia di controlimiti?

CC             (sorride) Avrai presto mie notizie.

CGUE      Sono curioso di leggerti. Grazie della visita.

CC             Su una rivista spagnola, dopo il caso Melloni, di te hanno scritto che sei empatico come una patata.

CGUE       (ride) Lo so. È anche la tua opinione?

CC             No. Ci conosciamo da sempre. Ti ricordi cosa combinammo quarant’anni fa intorno a un barattolo di carne in scatola? Non sei cambiato.

CGUE       Grazie. Nemmeno tu… quindi tieniti stretti i controlimiti, quelli originali.

CC             Vedremo. Ciao.

Previous post

Inutiliter data? La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità nella giurisprudenza italiana

Next post

Limiti alla libertà degli Stati di accesso allo spazio: il caso della Corea del Nord

The Author

Lorenzo Gradoni

Lorenzo Gradoni

No Comment

Leave a reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *