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Incontro al limite

Lorenzo Gradoni, Max Planck Institute Luxembourg for Procedural Law (membro della redazione)

Questo è, grossomodo, il seguito de Il dialogo tra Corti, per finta. «CC» sta sempre per «Corte costituzionale», «CGUE» per «Corte di Giustizia dell’Unione europea». La prima battuta è tratta da Il mercante di Venezia (atto II, scena VII) ed è l’elogio («From the four corners of the earth they come, to kiss this shrine, this mortal-breathing saint») che la bella Porzia riceve da uno dei suoi pretendenti.

Entra, raggiante.

Dalla parte opposta del proscenio, che è immersa nell’oscurità, giunge un dolente sussurro.

CGUE             Il mondo intero la desidera… vengono dai quattro canti della terra per baciare questo reliquiario vivente, costei che respira come una mortale, ed è già santa…

CC                   Visto?

Il buio, diradandosi appena, scopre una scrivania pesante e antica (ma dall’aspetto stranamente metallico). L’uomo che vi è seduto, in qualche modo, le assomiglia, al punto di confondervisi. Con passo danzante, l’ospite si accomoda a pochi metri da lui.

CGUE             Bel costume.

CC                   Dai, per tirarti su il morale ti faccio il gioco dei tre scrigni.

CGUE             Non cerco moglie.

CC                   Questo è un gioco diverso, anche se ci sono i soliti scrigni: uno d’oro, uno d’argento…

CGUE             E uno di piombo. Io scelgo quello.

CC                   Senza leggere quel che c’è scritto sopra?

CGUE             Non importa. Che vile piombo sia. (reagendo alla delusione dell’interlocutore) Va bene, leggiamo… ma io ho già deciso: per me, è piombo.

CC                   (porge lo scrigno d’oro) Non indovinelli recan incisi, i coperchi, ma cifre. A niun tuttavia cifrato giungerà il messaggio!

CGUE             Suppongo che «11» stia per controlimiti.

CC                   Non lo affermo né lo nego; ti concedo, invece, un indizio: «Non è tutto oro quello che splende». E ringrazia il Bardo!

CGUE             (accarezza lo scrigno, indugia, quindi lo scosta con il dorso della mano) Dentro c’è l’atroce cranio, suppongo, l’orrore del pluralismo radicale.

CC                   No comment. Prendi quest’altro, allora, prima però ammira l’intarsio: 53, 4.2.

CGUE             Uh, che mistero!

CC                   L’indizio, qui, è nel conio. Lo scrigno è d’argento, come il proiettile, il silver bullet, lo spari e passa la paura.

CGUE             Di che?

CC                   Del pluralismo radicale, no?

CGUE             (si rigira lo scrigno tra le mani) Strano… nella didascalia il «4.2» si vede a malapena. Perché?

CC                   Guarda un po’!… Non saprei… però, pensandoci meglio, credo di aver udito apprendisti lavorar di smeriglio attorno alla scatola. Eppure io avevo chiesto a Mastro Polo di incider netta la cifra… uhm… se ci penso ancor meglio, ecco… mi pare di aver udito, da qualcuno, anch’egli affaccendato attorno all’astuccio, l’esoterico concetto che in Omega tocca vedere pure l’alfa. Questo sembrerebbe confermare la tua teoria, secondo cui 4.2 è numero abominevole…

All’improvviso, una mano spunta dal buio che avvolge la scrivania e ghermisce lo scrigno d’argento. Lo scrivano, nonostante l’aria torpida, afferra fulmineo l’avambraccio e lo stringe con forza, finché lo scrigno non ricade sul tavolo, aprendosi. Ne escono un piccolo robot (giace disarticolato come un burattino) e una pergamena, che lo scrivano percorre con sguardo rapido.

CGUE             (sbuffando) Lo sapevo.

CC                   (spaventato) Quella cosa…  chi diavolo era?

CGUE             Boh!

CC                   Bot?!

CGUE             No, ho detto solo… (alza le spalle) boh…

CC                   Meno male… comunque, mi pare che la scatola d’argento non t’invogli.

CGUE             Come potrebbe.

CC                   Eccoti, allora, quella di piombo (fruga in tasca)… hai esaurito le tue possibilità, mio caro (sonda un’altra tasca e un’altra ancora)… siamo ormai all’epilogo (armeggia nella bisaccia)… ma dove accidenti ho ficcato il tuo scrigno prediletto?

CGUE             Deve esserti scivolato di dosso, forse a causa dei volteggi. Vedi? È rotolato sotto la mia scrivania… tieni.

CC                   Per fortuna. Grazie… questo però non è il mio!

CGUE             Cosa te lo fa pensare?

CC                   Il coperchio è liscio… non reca incisioni, nessun indizio!

CGUE             Un indizio?

CC                   Al solito, era una cifra: 6.3.

CGUE             Un altro insondabile enigma.

CC                   (manipola lo scrigno con circospezione) Com’è levigato… e com’è strano questo suo esser liscio! Poiché non vedo né sento alcuna scanalatura, nemmeno saprei come aprirlo, il tuo plumbeo forziere (fa per restituirlo).

CGUE             (lo respinge) Eh no, questo ti tocca!

CC                   Se insisti…

Lo scrigno, da un’invisibile fenditura, sputa un plico di carta a modulo continuo, traforata ai lati. Il plico è fitto di caratteri grigio pallido, impressi da una stampante ad aghi. Mentre il buio cala sul palcoscenico, una luce fioca raggiunge, dal basso, il volto dell’ospite. Che comincia a leggere.

CC                   Nella causa C-42/17… bla-bla… la Corte… Grande Sezionesentite le conclusioni dell’Avv… non le voglio più sentire!… ha pronunciato la seguente sentenza… un momento… vediamo quanto è lunga… no, per carità, non voglio sapere come va a finire!… Voglio solo sapere quanti paragrafi… sessantaquattro, due meno di Taricco, speriamo non ne sia la fotocopia… vediamo… Contesto normativoProcedimento principale… ne so qualcosa, passiamo oltre… Considerazioni preliminari… ecco qui!… punto 28, qui si entra nel vivo: Spetta pertanto alla Corte precisare, tenuto conto degli interrogativi che non erano stati portati a sua conoscenza nella causa all’origine della sentenza Taricco, l’interpretazione dell’articolo 325… Fatti nuovi, argomenti nuovi o non prevedibili!… È cosi che si attutisce il tonfo di un revirement!… Ottimo!… Ed ecco subito un indizio concordante… punto 32… già a metà strada: Gli Stati membri sono tenuti a procedere al recupero delle somme sottratte al bilancio dell’Unione in conseguenza di frodi… Molto bene, vuol dire che gli esattori dell’Unione possono forse placarsi anche senza malfattori in ceppi… un approccio meno sacrificale al culto delle risorse proprie augura bene… d’altra parte, che se ne fa l’Unione di un pound of flesh?… Non sto nella pelle, vediamo… punto 39: Spetta ai giudici nazionali competenti dare piena efficacia… bla-bla… e disapplicare disposizioni interne, in particolare riguardanti la prescrizione, che ostino all’applicazione di sanzioni effettive e dissuasive… Ma come!… ancora aria di Taricco!… Aria di guai!… Ah no, ecco, questo è un altro tassello essenziale del mio mosaico… punto 41: Spetta in prima battuta al legislatore nazionale stabilire norme sulla prescrizione che consentano di ottemperare agli obblighi derivanti dall’articolo 325 TFUE… Proprio così! Separazione dei poteri, riserva di legge, questa sì che è musica per le mie orecchie… ma che significa «in prima battuta»? Che cosa accade se il Parlamento non fa il suo dovere?… Vediamo… Nulla, non si dice nulla sul caso di un legislatore inerte… mi pare invece di avvertire un omaggio a quello solerte: A tale riguardo occorre ricordare che il fatto che un legislatore nazionale proroghi un termine di prescrizione con applicazione immediata, anche con riferimento a fatti addebitati che non sono ancora prescritti, non lede, in linea generale, il principio di legalità dei reati e delle pene… Mumble-mumble… E se la proroga è conseguenza di una decisione giudiziaria?… Cosa vuol dire, poi, «in linea generale»?… E questo principio di legalità non-leso-in-linea-generale, donde viene?… Di certo non somiglia al mio… il discorso piglia una brutta piega!… No, aspetta, ecco! Questo, credo, è lo spartiacque che agognavo… punto 43: Occorre aggiungere che il settore della tutela degli interessi finanziari dell’Unione attraverso la previsione di sanzioni penali rientra nella competenza concorrente dell’Unione e degli Stati membri… E ora, ci scommetto, si dirà che all’epoca dei fatti non c’era ancora stata l’armonizzazione e quindi… insomma… qui aleggia una fragranza Distinguishing Melloni… splendido… e infatti… punto 45… niente armonizzazione, quindi… è fatta!… La Repubblica italiana era libera, a tale data, di prevedere che, nel suo ordinamento giuridico, detto regime ricadesse nel diritto penale sostanziale e fosse a questo titolo soggetto… eh già!… al principio di legalità dei reati e delle pene! Q.E.D.! C.V.D.! P.Q.M!

Risale con lo sguardo all’ultimo brano.

Tsè!… «A tale data»!… perché mai precisarlo? La nostra libertà ha subito forse una contrazione, nel frattempo? Non mi pare che si possano dedurre restrizioni dalla direttiva PIF della scorsa estate. Certo, la direttiva affronta il tema della prescrizione, ma la legge italiana è già in linea con i criteri minimi… che evidentemente non scontano l’inefficienza della macchina repressiva… e se anche il requisito generale dell’efficacia sanzionatoria dovesse risultare disatteso, proprio a causa di tale inefficienza, non vedo come, a questo punto, il giudice nazionale possa sentirsi autorizzato a disapplicare in malam partem… il match è vinto, i principi son salvi!… C’è scritto anche qui, al punto 46: Dal canto loro, i giudici nazionali competenti, quando devono decidere se disapplicare… bla-bla… sono tenuti ad assicurarsi che i diritti fondamentali degli imputati siano rispettati… Ci mancherebbe! Un attimo, però, quali diritti fondamentali, i nostri o quelli dell’Unione? La nostra tradizione costituzionale o quelle comuni? Non che queste escludano quella ma… si possono far valere principi non comuni, anche a scapito d’interessi comuni? Se sì, fino a che punto? Qual è il vero significato dall’articolo 6, paragrafo 3 TUE, l’ormai antica formula sulle scaturigini dei «principi generali»? Rientrano tra i principi comuni anche quelli non comuni, perché messi in comune nell’Unione? Comunque sia, dovrebbe essere l’articolo 53 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione a sciogliere il nodo… I diritti garantiti dalle costituzioni nazionali sono sacrosanti, perlomeno quando non si è ancora entrati nel cono d’ombra dell’armonizzazione… o no? Articolo 6, paragrafo 3… articolo 53… mancano poche battute al termine del testo e ancora non s’è scorto il lume di una disposizione-chiave, non una! E ora… cos’è questo cupo rintocco? Punto 47… A tale riguardo… «A tale riguardo»!… Quante volte lo stesso attacco… per attaccare insieme cose che insieme non stanno… a tale riguardo, a tale riguardo… con questa maledetta formula…

 Guarda in direzione dell’interlocutore, il quale, immerso nel buio, non dà segni di vita. Sembra tuttavia udirsi, di là, un soffice rumore di ferraglia.

… infinite pagine riempiresti, con questa formula, se fossi costretto a sentenziare dall’Overlook Hotel (riso nervoso)… 47…  brutto numero!… Ma che dico? Devo distogliere la mente dal dubbio, tutto è limpido, nonostante questi caliginosi meandri… I diritti fondamentali di cui parliamo sono quelli scolpiti nella Costituzione… «scolpiti», come mi piace, questa parola… tac-tac-tac… P-R-E… tac-tac-tac-tac… S-C-R-I… tac-tac-tac… Z-I-O… tac-tac… N-E: PRESCRIZIONE, voilà, scolpita in Costituzione! Così va meglio… E poi, perché avrei dovuto impensierirmi?… Al punto 47 si dice che, a tale rigua… vabbè… resta consentito alle autorità e ai giudici nazionali applicare gli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali… Nazionali!… a patto che… Ma come sarebbe a dire «a patto che»!… Con cosa si dovrebbe venire a patti se in ballo ci sono i diritti fondamentali!… E se l’armonizzazione non ostruisce il passo!… Devo mantenere la calma… leggiamo: A patto che tale applicazione non comprometta il primato, l’unità o l’effettività del diritto dell’Unione.

Si porta le mani alle tempie.

Questa è Melloni! Risiamo a Melloni… anche se vedo che per delicatezza si menziona solo Åkerberg Fransson, sì, certo… il punto di Fransson dove si cita MelloniMelloni che si mette a fare l’accento svedese!… ma cosa c’entra Melloni, qui? Non s’era detto che, in assenza di armonizzazione… Perché non ci stacchiamo da Melloni?

Percorre con sguardo sconsolato la vasta estensione (così gli appare nonostante il testo sia quasi al termine) dei punti successivi.

 A tale riguardo… ancora!… si deve ricordare l’importanza, tanto nell’ordinamento giuridico dell’Unione quanto negli ordinamenti giuridici nazionali, che riveste il principio di legalità dei reati e delle pene… il quale… appartiene alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri… E le tradizioni fuori dal comune, come la mia?… Non se ne parla!.. Si ricama invece sulla nota giurisprudenza strasburghese… e così via, fino al punto…

Cerca con gli occhi, sfinito.

… punto 57… estenuante! Anelo la fine, che dista solo un pugno di righe, e non so ancora cosa attendermi.

Legge trattenendo il fiato, finché:

 Fermi tutti! Il punto 58 rinvia al 45, quello sull’assenza di armonizzazione. Torna il sereno!… A tale riguardo… vabbè… i requisiti di prevedibilità, determinatezza e irretroattività inerenti al principio di legalità si applicano, nell’ordinamento giuridico italiano, anche al regime di prescrizione… «Si applicano», ma cos’è questo, un constativo? E che me ne faccio? Forse l’operatore deontico è implicito… si vuol dire che si possono applicare, che ciò è consentito dal diritto dell’Unione, anche a scapito… Ma certo, è così!… punto 59: Spetta al giudice nazionale verificare se la condizione richiesta dalla sentenza Taricco… quella del numero considerevole di casi di frode grave… bla-bla… conduca a una situazione di incertezza nell’ordinamento giuridico italiano quanto alla determinazione del regime di prescrizione applicabile, incertezza che contrasterebbe con il principio di determinatezza… E se crea incertezza… allora il giudice nazionale non sarebbe tenuto a disapplicare le disposizioni del codice penale… Sì! Sì!… Non siamo tenuti a disapplicare!… Non dobbiamo…! Ma questo è un revirement bello e buono!… Certo, io avrei detto, non che non siamo tenuti a disapplicare ma che che siamo tenuti a non disapplicare… ma va bene lo stesso, ci penso io a dettare la linea! Che nessuno disapplichi!… Un momento però… io l’ordine l’ho già diramato… la «formula Taricco» sparge incertezza, punto e basta, questo io l’ho già chiarito una volta per tutte!… Perché, dunque, si chiede ancora che i «giudici nazionali» accertino se v’è incertezza?… Ho la sgradevole sensazione che il mio interlocutore occhieggi oltre la mia spalla, come in cerca di un personaggio più interessante, questo cosiddetto «giudice nazionale»!… Dal quale forse spera una sediziosa negazione dell’evidenza… o della mia autorità!… Ma no, no!… Ho solo i nervi a pezzi… a causa di questa lettura così… non saprei come definirla… eppure, infine, così dolce! Comunque, a ben pensarci, anch’io sono un giudice nazionale! Che diamine, sono il più importante…

Ritrova la calma.

Il punto 60, sulla irretroattività, è ancora più netto: in Italia abbiamo il diritto… io direi piuttosto il dovere… di impedire che si assoggetti l’imputato… a un regime di punibilità più severo di quello vigente al momento della commissione del reato. Qui l’incertezza non c’entra più. Se la proroga del termine di prescrizione interviene a reato consumato, il «regime di punibilità», per definizione, si aggrava e il requisito dell’irretroattività è disatteso, matematico! Non vorrei sbagliarmi… mi sembra, però, che questo argomento abbia… come si dice… natura assorbente. Se il problema è l’irretroattività, i faticosi discorsi sulla determinatezza, la «formula Taricco», l’incerta incertezza… diventano cincischii. E ora, il dispositivo!

Chiude gli occhi alla ricerca della massima concentrazione. Li riapre: dodici righe, dodici movimenti delle pupille a tergicristallo.

Fatto!

Pausa.

Incredibile… è identico, in pratica, al dispositivo di Taricco… diamine, mi dà ancora i brividi… C’è, però, una nuova subordinata in coda, l’emblema stesso della sterzata. Si disapplichi… per dirlo in due parole… a meno che una disapplicazione siffatta comporti una violazione del principio di legalità dei reati e delle pene a causa dell’insufficiente determinatezza della legge applicabile, o dell’applicazione retroattiva di una normativa che impone un regime di punibilità più severo di quello vigente al momento della commissione del reato. Una violazione del principio di legalità… ma quale? Il nostro, di sicuro… Anche quello europeo?… Basta… poco importa!

Afferra il telefono. Mulinare di polpastrelli. S’interrompe, distratto da un cinguettio. Poi da un altro.

DShoot @DShoot · 5 Dic 2017

And rectify they did.

#amen #wiseCJEU

 

 

Grimm @Grimm · 8 h

CJEU defuses Taricco’s bomb

#endofsaga

 

 I polpastrelli riprendono a vorticare. Un clic.

 

Corte cost @Consulta · 14 Dic 2017

Principio di legalità: violazione infrange nello stesso tempo garanzie presidiate dalla Costituzione e codificate dalla Carta dei diritti UE

#269 #MAS #MB #Taricco2 #valorizzareildialogo #24

 

Costa78 @Costa78 · 2 min

In risposta a @Consulta

Urca! Ma cosa c’entrava con Ceramica Sant’Agostino spa?

#269 #notaufficialeasentenza

 

Mile87 @Mile87 · 2 min

In risposta a @Consulta

La decisione non era stata presa il 7 novembre?

#269 #timeloops

 

Corte cost @Consulta · 4 min

In risposta a @Costa, @Mile87

Deposito in cancelleria posteriore. Precisazione non trasmoda in ultronea esegesi.

#269 #dialogo

 

BVerfG @BVerfG · 5 min

In risposta a @Consulta

Buongiorno! Da quando sei su Twitter?

 

El Constitucional @TribuConsti · 5 min

In risposta a @BVerfG, @Consulta

Era hora! Ormai c’è pure @Conseil_constit

 

Cour de justice UE @CourEUPresse · 7 min

In risposta a @Consulta, @BVerfG e 26 altri

@Consulta: infrante garanzie codificate nella Carta dei diritti UE.  Mica vero.

 

Letto l’ultimo tweet, volge lo guardo in direzione della massa oscura (la scrivania più lo scrivano), che è di nuovo lambita dalla luce, senza che ciò contribuisca a definirne la sagoma, che anzi appare sempre più sfuggente.

CC                   Come sarebbe a dire!

CGUE             Temo di non essere stato abbastanza chiaro.

CC                   Al contrario! Questa volta, cristallino.

CGUE             Non prendermi in giro. Ho assistito al tuo tormento.

CC                   Spiavi? Che palpiti, che confusione e infine… che gioia! Disapplicare la prescrizione breve ripugnerebbe non solo alla Costituzione ma anche alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Io questo ho capito.

CGUE             E lo hai twittato.

CC                   Twitto in buona fede: ho scritto quel che ho visto.

CGUE             Quel che hai voluto vedere.

CC                   Dimmelo tu qual è la verità, allora. Concedimi l’interpretazione autentica… perché se ripenso a quegli ultimi paragrafi, al loro strano andamento, accidenti, sudo freddo…

CGUE             Mi spiace, non posso aiutarti. Dubito di saperne più di te.

CC                   Hai cominciato tu con quel bullistico «mica vero» twittato erga omnes.

CGUE             Hai ragione, perdonami. (digita) Ecco. Così va meglio?

 

Cour de justice UE @CourEUPresse · 11 min

In risposta a @Consulta, @BVerfG e 26 altri

@Consulta: infrante anche garanzie codificate nella Carta dei diritti UE. Sarà vero?

#corrigendum

CC                   Dimmelo: è vero o no?

CGUE             Qualunque risposta… non importa quale… esigerebbe, ahimè, estese premesse. Mi sforzerò, tuttavia, di andare diritto al punto. Quindi: se dovessi mettere in musica la tua magnifica ordinanza, la n. 24, quale forma le daresti?

CC                   E lo chiami andare diritti al punto?

CGUE             (incurante dell’obiezione) Quella di uno splendido concerto grosso!

CC                   Lo prendo come un complimento.

CGUE             (come tra sé e sé) Una partitura dove tutto quanto è ordinato a comporre mirabili armonie. L’articolo 11 della Costituzione, anzitutto.

CC                   Naturale.

CGUE             Quindi… vado a memoria… l’articolo 2 TUE, cioè i «valori comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo»… Pluralismo! La parola che prepara il trionfale ingresso del motivo sull’identità nazionale, che schiude…

Si avverte un inquietante cigolio: una porta che si apre, forse, più probabilmente una botola.

CC                   Chi è!… Cos’è!

CGUE             Boh!

CC                   Bot?!

CGUE             No, no, ho detto solo… (alza le spalle) boh…

CC                   Meno male. Scusa l’interruzione…

CGUE             Stavo per dire dell’articolo 4, paragrafo 2 del mio Trattato, quello dell’identità nazionale «insita»… insita! Insita dove, scusa?

CC                   Uff… (recita) «Nella struttura fondamentale, politica e costituzionale…».

CGUE             La struttura fondamentale… certo… la struttura è fondamentale! C’è struttura, nella tua composizione, tutto è chiaro e conseguente: dall’identità nazionale si torna all’articolo 11…

CC                   Naturale.

CGUE             E come romba questo basso continuo di diritto interno, un suono primordiale, avvolgente, così pieno di senso! E che emozioni in quel finale nel segno delle tradizioni costituzionali comuni! Da applauso.

CC                   (schermendosi) Grazie.

CGUE             11, 2, 4.2, ancora 11, 6.3, quindi 53…

CC                   Dai i numeri?

CGUE             No, sei tu che dai i numeri, li citi tutti, gli articoli-chiave, segni tutti i punti di riferimento, del tuo sistema e anche del mio.

CC                   Tu, invece, nemmeno uno, né del mio… e si capisce!… ma neanche del tuo!

CGUE             Mi fa piacere che si noti il mio studiato riserbo.

CC                   Sei riuscito a darmi ragione senza citare nemmeno un articolo dei Trattati… dei «tuoi Trattati», come ti piace dire.

CGUE             I «miei Trattati»!… Come hai detto, l’altra volta? Che ti mandava un Herr der Verträge! Sai cosa ti dico? Che i Trattati ve li potete tenere, fateci quel che volete, scrutatene le disposizioni, soppesate le parole cucite e ricucite da questi… Lorsignori dei Trattati!… Mentre io scivolo negli interstizi della loro asettica prosa… (sibila, quasi inudibile) ci avevate promesso una Costituzione!… mi perdo nei più sordidi anfratti della sostanza normativa e lì, lontano da esegetici lampioni, coltivo la mia costituzione, alla faccia di Lorsignori! Tenetevi pure i Trattati, che io ho da prendermi cura di una costituzione, che è di competenza solo mia.

CC                   Sii ragionevole, ti prego.

CGUE             Sempre a chiedere come s’interpreta questa o quella disposizione dei Trattati, se osta o non osta! E io, con tutta la pazienza, rispondo. Se però desiderate che mi esprima sui massimi sistemi… per così dire… non speriate che mi adegui a un qualche schema preconfezionato… i tuoi scrigni!… Io so sempre quale scegliere, cioè ne scelgo uno mio! A tale riguardo… ehm… cosa ne pensi della mia musica, tu che ami il Settecento?

CC                   Che è difficile da seguire.

CGUE             (sussurrando) Ich fühle Luft von anderem Planeten…

CC                   Schönberg?

CGUE             Non hai forse avvertito, alla lettura, un che di amorfo e fluttuante? Niente gerarchie tonali, niente coordinate fisse o facilmente reperibili… cosa c’è di più amorfo e fluttuante della formula secondo cui gli standard nazionali in materia di diritti fondamentali si possono far valere, ma… solo se non compromettono il primato, l’unità o l’effettività del diritto dell’Unione! E se si è convinti della giustezza di questa sintesi – e io lo sono – viene naturale tenersi alla larga dal Circolo delle Grandi Disposizioni, 4.2, 6.3, 53, ecc., e di preferirgli obliqui riferimenti alla mia stessa giurisprudenza, «per analogia»…

CC                   Alla rottura con la tonalità va sempre dappresso la nostalgia della tonalità. Di qui, forse, la mestizia delle tue note e la necessità di recuperare una qualche forma di ordine. Mi pare che tu la stia trovando nella serialità. Attenzione, però, con queste frasi che si ripetono ossessivamente rischi di farti pigliare per un bot.

CGUE             Yves? Macché, a lui piace un sacco la tua musica! Avete eseguito un perfetto contrappunto.

CC                   Non hai capito. Intendo un bot, non Yves, un robot! Quelle “cose” che a differenza di noi non sanno trascrivere parole deformi, psichedeliche.

CGUE             Capisco. (scimmiottando un automa parlante) A-tal-riguardo-a-tal-riguardo-a-tal-ri…spetta-al-giudice-nazionale-spett…osta-non-osta-osta-non-osta-osta…

CC                   Ecco, appunto, la Carta dei diritti fondamentali osta o non osta alla disapplicazione delle norme sulla prescrizione?

CGUE             No, direi di no, in linea generale. Te ne sei accorto anche tu. Ho scritto che il giudice nazionale non è tenuto a disapplicare, non che è tenuto a non disapplicare. Questo precetto può aggiungerlo tu, se ti va. Per me, la disapplicazione non è un problema, in linea di principio… e comunque non amo le… farei meglio a dire che non amo più… le asserzioni perentorie. Né vedo perché dovrei privarmi della possibilità di modulare i miei parametri di giudizio al solo vero scopo impartitomi, che è quello di assicurare «il rispetto del diritto»… le droit, sans phrase… in pratica la giustizia. Soit-il dit entre nous!

CC                   Perché insistere tanto sulle tradizioni costituzionali comuni, se in ballo c’era una tradizione costituzionale particolare, quella che io difendo?

CGUE             Non saprei, forse perché…

CC                   Forse? Vuoi dire che non hai contezza delle tue intenzioni?

CGUE             Precisamente! Chi, d’altra parte, può vantare una perfetta padronanza delle proprie? Tu, forse? Il testo che hai letto scaturisce da me, certo, ma quali sono i miei confini? E quante altre cose, se davvero sono altre da me, contribuiscono a intessere quella partitura? Sono troppe le circostanze che ignoro. Io so solo che le vigenti regole mi imputano questo testo (agita il plico di carta traforata)… non posso farci nulla… e so che mi troverò, come te, come tanti altri, a rileggerlo con un senso di estraneità e di stupore. Posta questa essenziale premessa…

CC                   Continua, ti prego. Stavi dicendo: «Forse perché…»

CGUE             Forse, eh sì, forse perché la tutela di tradizioni costituzionali particolari è essa stessa una tradizione comune. Il pluralismo può, senza paradosso, essere norma comune, mentre non credo lo sia il presunto tendere a livelli sempre più elevati di tutela dei diritti umani, che, per quanto possa proporsi come aperto e inesauribile, resta intimamente anti-pluralista. Esistono concezioni diverse, equilibri difformi, tutto qui: una tradizione comune impone di rispettarli. L’articolo 53 della Carta dei diritti fondamentali, dove stabilisce la relativa intangibilità degli standard di protezione nazionali, rispecchia, forse, proprio una tradizione comune… sì, proprio nel senso… o in un senso non molto diverso da quello che l’articolo 6, paragrafo 3 TUE attribuirebbe al concetto… ma chissà… anche per questo motivo ho preferito, in un caso simile, glissare su entrambe le disposizioni. Per non parlare dell’articolo 4, paragrafo 2 TUE… insomma, ho cercato sonorità inconsuete, sfuggenti… sfuggenti anche per me, sia chiaro.

CC                   A me pare, invece, che ci siano i presupposti per scandire i principi di una teoria generale, imperniata sul concetto di armonizzazione. Sin dove questa si estende, gli standard nazionali di tutela soccombono allo standard comune, se compromettono «il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione». In una parola: Melloni. Se l’armonizzazione, invece, non c’è, i principi nazionali si possono far valere anche a scapito di un’immediata affermazione degli interessi comuni, come nel caso delle frodi fiscali a danno dell’Unione. In una parola: Taricco II. Persino uno Stato “reo confesso”, come la Repubblica di cui sono organo, potrebbe farsene vindice dinanzi all’Unione, in ragione della fondamentale importanza di tali principi. Lo insegna la storia di questo caso che volge ormai al termine. Aggiungo, se ce n’è bisogno, che tutto ciò non ha nulla a che fare con i controlimiti, poiché è il diritto dell’Unione stesso a sancire la prevalenza dei principi nazionali, principi che, per definizione, acquistano il loro contenuto in sede nazionale e s’impongono come tali all’Unione. Il concetto di europeizzazione dei controlimiti sarà improprio, ma rende perfettamente l’idea: la norma che garantisce il pluralismo è europea, ma essa non è altro che forma, una forma capace di accogliere contenuti definiti dalle massime autorità nazionali, da me, per esempio. Controlimiti, addio!

CGUE             Di tutto ciò abbiamo già discusso in un recente passato.

CC                   Mi sembra di poter dire che sono emersi fatti nuovi… dal tuo scrigno di piombo.

CGUE             Non ne sarei così sicuro. Ci sono alcuni aspetti della tua teoria che, come sai, non condivido. Tanto per cominciare, io, a differenza di te, non sono contro i controlimiti. D’altro canto, mi pare che tu sia un po’ troppo… se permetti il gioco di parole… contro i limiti, per quanto riguarda la definizione di ciò che io sarei giuridicamente costretto ad accettare contro gli interessi dell’Unione. E per questo che, discretamente, avverso l’idea dell’europeizzazione dei controlimiti e quindi mi schiero, anche, ma ancor più discretamente, contro chi è contro i controlimiti…

CC                   Scusami se t’interrompo. Io definisco la mia posizione sia contro i controlimiti sia contro i limiti. Dei controlimiti non temo la “teoria”… ci mancherebbe! Temo piuttosto le conseguenze di una loro possibile attuazione. Quanto ai limiti, non vedo come tu possa arrogarti il compito di definirli.

CGUE             Lungi da me l’intenzione di farlo! La cosa che desidero meno al mondo è vedermi costretto a impadronirmi di “controlimiti europeizzati” in risposta alle vostre pretese di gestirli dentro il mio spazio giuridico. A tale riguardo, ti svelo, con vincolo di riservatezza, che all’eccellente Yves Bot ho affidato l’incarico di compiere esperimenti dimostrativi delle possibili conseguenze della cosiddetta europeizzazione dei controlimiti. Le sue conclusioni sono concepite per fungere da deterrente, chiaro? Quanto a me… a me preme soltanto che tu, e quelli come te, non vi mettiate in testa di comportarvi, con le disposizioni del trattato che solleticano i vostri particolarismi, come gli Stati Uniti facevano con la «Riserva Connally»… insomma che non vi passi per la mente di servirvi di qualcosa che assomigli, anche solo lontanamente, a una self-judging clause!

CC                   Spiegati meglio.

CGUE             È proprio vero: «il diritto è un labirinto di strade: vieni da una parte e ti sai orientare; giungi allo stesso punto da un’altra parte, e non ti raccapezzi più».

CC                   Non metterti a filosofeggiare, mi serve solo qualche ragguaglio.

CGUE             È una vecchia storia. Nel 1946, quando noi non eravamo ancora al mondo, gli Stati Uniti accettarono la giurisdizione della Corte internazionale di giustizia con una riserva tuttora celebre. Prende il nome da Tom Connally, il senatore texano che ne caldeggiò l’uso a tutela, lui credeva, dell’interesse nazionale. La riserva escludeva la competenza della Corte per qualsiasi controversia concernente… vado a memoria… «matters which are essentially within the domestic jurisdiction of the United States of America, as determined by the United States of America», cosicché gli Stati Uniti potevano farci ricadere quel che gli pareva, nella riserva, strappando al giudice lo scettro della Kompetenz-Kompetenz, almeno in teoria. Non era un’idea originale, quella del senatore Connally. Con le self-judging clauses un gigante come Hersch Lauterpacht si accapigliava già negli anni Trenta. Lui le chiamava «automatiche», anche, ed era convinto che fossero invalide, perché in contraddizione con il concetto stesso di vinculum juris. Le self-judging clauses non sono scomparse, al contrario: una delle più note si può leggere nell’articolo XXI del GATT. L’ordinamento internazionale, però, bene o male, ha appreso ad addomesticarle… forse sarebbe meglio dire che è venuto a patti con loro, da un lato accordando agli Stati un largo margine di apprezzamento, dall’altro riservando al giudice internazionale un potere di controllo, non molto incisivo, forse, ma nemmeno puramente notarile. Qualche anno fa, la stessa Corte internazionale di giustizia ha stabilito che il principio di buona fede, che deve sempre informare l’interpretazione degli obblighi internazionali, esige, tra l’altro, che sussista un nesso obiettivo… può esser tenue, sì, ma deve essere riscontrabile sul piano oggettivo… un nesso, dicevo, tra i fatti in causa e la nozione che sostanzia la clausola, che si tratti di «domestic jurisdiction», come nel caso della Riserva Connally, o di sicurezza nazionale, di identità nazionale o di standard nazionali di tutela dei diritti umani… e poco importa quanto vago e astratto è il concetto in questione, il punto cruciale è un altro. È l’esigenza, direi esistenziale, di riconoscere al giudice internazionale – a un giudice come me! – il potere di giudicare, o una piccola fetta di quel potere. Io non pretendo niente di più, quando mi accosto… se proprio non posso evitare di farlo!… a quelle clausole dei Trattati che, sebbene non siano letteralmente self-judging, si prestano a usi analoghi. La verità è che sono incapace di opporre, a te e a quelli come te, alla vostra esuberanza, nient’altro che un silenzioso appello alla buona fede.

CC                   Silenzioso?

CGUE             Silenzioso, sì. Credi forse che io possa permettermi di esplicitare un simile argomento? Mi si accosterebbe a una giurisdizione internazionale ancora in lotta con i demoni del periodo interbellico… e, in effetti, io mi sento un po’ così, ma non per questo voglio contribuire alla diminuzione della mia autorità. Mi riduco quindi a giocar di sponda, a confondere un po’ le carte… sappi però che tutto il mio agire gravita attorno al principio di buona fede, o meglio all’esigenza di conservare il mio potere di giudicare della vostra buona fede!

CC                   In buona fede, suppongo!

CGUE             Contaci.

CC                   Questo parametro della buona fede, più che segreto, mi sembra evanescente. Come può costituire, per me, un limite, voglio dire, quel limite che sono tenuto a saggiare prima di ricorrere all’extrema ratio dei controlimiti?

CGUE             Un limite c’è.

CC                   Indicamelo

CGUE             Non posso, non sono in grado di mostrartelo. Posso solo accompagnarti incontro al limite.

CC                   Preferirei non seguirti per sentieri che rischiano di non portare da nessuna parte.

CGUE             E se io ti dimostrassi che il limite esiste?

CC                   Sarei con te.

CGUE             Allora si va. Si va in Bulgaria.

CC                   Bulgaria?

CGUE             Ricordi quando, nel 1957, un aereo della compagnia El Al precipitò mentre si trovava nello spazio aereo bulgaro? Suppongo di no… eravamo appena nati. Gli Stati Uniti citarono la Repubblica Popolare di Bulgaria dinanzi alla Corte internazionale di giustizia, imputandole l’abbattimento del jet, a bordo del quale viaggiavano alcuni cittadini americani. La Riserva Connally era ancora in vigore e i bulgari, con successo, la ritorsero contro l’autore. Chi introduce una riserva, infatti, deve aspettarsi che l’avversario se ne avvalga a titolo di reciprocità: può farlo! La Corte non ebbe modo di pronunciarsi, perché gli americani, di fronte all’obiezione bulgara, preferirono battere in ritirata, sperimentando così il côté autolesionistico delle self-judging clauses. Fu un trauma. Arthur Larson, a un incontro dell’American Bar Association, nel chiedere con forza l’abolizione della riserva scomodò Robert Frost: «Before I built a wall I’d ask to know / What I was walling in or walling out». Ecco, se il potere di tracciare il limite, che alcuni di voi sentono di possedere, inebria, i versi di Frost possono restituire sobrietà. È un potere che vi appartiene quasi per intero, lo ammetto senza pena, ma cosa accadrebbe se alcuni di voi, o molti, lo usassero senza coscienza del limite?

CC                   Capisco. Di me puoi fidarti. Non ti seguo, però, quando sostieni che quel potere ci appartiene quasi per intero: il tuo apologo bulgaro nulla dice sui limiti formali cui sarebbe soggetto.

CGUE             Ho in serbo un secondo apologo bulgaro, per questo. (con tono allusivo) È una vicenda che ci riguarda più da vicino.

CC                   Mi pare, in effetti, che nel tuo sconcertante ma, ehm, dolcissimo verdetto… a un certo punto… sì, ora ricordo: menziona, sempre per analogia, una tua sentenza relativa a un caso… Ognyanov, forse?

CGUE             Precisamente. A interpellarmi fu il Sofiyski gradski sad. Ma non è quello il caso che mi preme discutere con te. Ce n’è un altro sotto lo stesso nome. È un caso inverosimile… strambo persino, ma istruttivo. No, il dolcissimo verdetto non lo cita. Credimi, sarebbe stato inopportuno, del tutto fuori luogo!

CC                   Ci avrei scommesso.

CGUE             Devi sapere che c’è un altro caso Ognyanov, parallelo al precedente…

CC                   Si sa! Jura novit curia!

CGUE             Io direi piuttosto: jura abscondit curia.

CC                   Burlone.

CGUE             Guarda che dico sul serio! Comunque, torniamo al nostro Ognyanov minor. Un bel giorno, il Tribunale di Sofia si fa vivo per interrogarmi sulla compatibilità del rinvio pregiudiziale… intendo la procedura in quanto tale!… con il diritto a un giudice imparziale e con la presunzione di innocenza.

CC                   E tu?

CGUE             Al che, naturalmente, io strabuzzo gli occhi. È come chiedersi se l’articolo 267 TFUE può convivere con gli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali.

CC                   In che senso?

CGUE             Nel senso che il giudice nazionale non potrebbe formulare la domanda pregiudiziale senza farsi, prima, un’idea dei fatti in causa, del diritto applicabile…

CC                   … e questa idea che si formerebbe anzitempo nella mente del giudice, provvisoria ma fissata nell’ordinanza di rinvio, potrebbe portare a una lesione dei diritti dell’imputato.

CGUE             Proprio così. L’ordinanza potrebbe rispecchiare un pregiudizio.

CC                   Tutto ciò è assurdo… il rinvio pregiudiziale incompatibile con le garanzie del processo penale!

CGUE             Sì, ma quali? L’aspetto più intrigante della vicenda è proprio questo. Il Tribunale di Sofia ha insinuato che fosse possibile far valere, per i diritti protetti dagli articoli 47 e 48 della Carta, uno standard di tutela nazionale ancor più garantista! Uno standard, tra l’altro, incorporato in una norma nazionale che, al giudice che si azzarda a interrogarmi, impone di declinare la propria competenza.

CC                   Che follia! Avresti potuto ribattere che, siccome uno standard comune di protezione dei diritti fondamentali è già incorporato nelle disposizioni pertinenti del regolamento di procedura, oltre che nell’articolo 267 TFUE, è impossibile far valere uno standard di tutela nazionale più elevato. Insomma, avresti potuto risolvere il caso applicando la mia teoria dell’armonizzazione come spartiacque.

CGUE             Sarebbe stata una soluzione artificiosa, poco credibile… e anche troppo esplicita, per i miei gusti. Il regolamento di procedura non è paragonabile alla normativa sul mandato di arresto europeo. Si potrebbe seriamente sostenere che, nel redigere le disposizioni del regolamento… intendo, quelle sul rinvio pregiudiziale… ci assillava, come nel caso del mandato d’arresto, il problema della tutela dei diritti fondamentali?

CC                   In effetti, no. E tu, allora, come hai replicato?

CGUE             Non lo sai?

CC                   Lo so, lo so: jura novit curia! Voglio però udirlo da te. Mi interessano le tue autoanalisi.

CGUE             Sai, quando si tratta di difendere il rinvio pregiudiziale, il mio rinvio pregiudiziale… chiusi la partita in poche mosse, senza nascondere l’indignazione: «occorre anzitutto rilevare che è inaccettabile l’assunto su cui poggia tale questione, secondo il quale la normativa nazionale oggetto del procedimento principale garantirebbe al singolo una maggiore tutela del proprio diritto di adire un giudice imparziale…».

CC                   Dunque?

CGUE             Se ci pensi bene, ciò equivale a negare agli Stati membri il potere di definire i concetti di imparzialità o di presunzione di innocenza in funzione di tradizioni o scelte nazionali. Significa pure… ed è questo, anzi, il punto cruciale… che uno standard oggettivo, quindi sottratto ai potenziali arbitrii del self-judgment, sussiste anche al di fuori dell’area coperta dall’armonizzazione, per usare i termini della tua teoria, lo faccio a malincuore, ma se è utile per capirci…

CC                   Continua.

CGUE             Questo standard oggettivo è senza dubbio tenue, impalpabile, non definibile in modo compiuto… ma esiste! Non è casuale che a metterlo in luce sia un evento estremo – le singolari delicatezze garantistiche del Sofiyski gradski sad… – un po’ come le straordinarie collisioni prodotte da un acceleratore di particelle rivelano nuove proprietà della materia, che restano tuttavia invisibili, intangibili… io non posso mostrarti il limite; sono però in grado di dimostrati, per mezzo di un caso che non poteva suscitare clamore alcuno, tanto appare innocuo, che laggiù, in una regione recondita dello spazio giuridico, esiste, questo limite… e non lo decidi tu.

CC                   Aspetta un attimo… quando tu, come hai appena fatto, affermi che la mia versione del nullum crimen è spendibile nello spazio giuridico europeo, semplicemente ti conformi a ciò che io ho detto.

CGUE             Eh no, è vero l’opposto. Se è così, è perché lo dico io.

CC                   Ma se tu lo dici, è perché lo dico io.

CGUE             Condizione necessaria, forse, ma non sufficiente!

CC                   Questo lo dici tu!

CGUE             Appunto! Lo dico io!

CC                   Ma io non intendevo…

CGUE             Che ti piaccia o no, l’ultima parola spetta a me, per quanto flebile e discreta, anche nelle aree non ancora coperte dell’armonizzazione. L’articolo 53 della Carta dei diritti fondamentali, nel salvaguardare le specificità nazionali, si riferisce ai rispettivi ambiti di applicazione, del diritto dell’Unione e degli Stati membri, non alla presenza o all’assenza di discipline armonizzate. Io naturalmente non ho urgenza di chiarire fino in fondo il rapporto che sussiste tra questi due concetti, i quali, però, questo è chiaro, non coincidono. La mia ultima parola, su tutto ciò, potrebbe essere stata proprio la «formula Melloni»: nell’elusivo spazio che la formula disegna tra autonomia nazionale, unità del diritto dell’Unione, primato ed effettività – no, non riusciresti a situarlo con precisione, questo spazio, e nemmeno io! – io mi riservo di intervenire, in punta di piedi, magari, ma senza limiti prestabiliti. Quanto alla clausola sulle identità nazionali, che dire…. (declama stancamente) «su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere».

La botola torna a cigolare.

CC                   (si irrigidisce, in ascolto) Ma il filosofo aggiungeva, o meglio, anzitutto affermava: «Quanto può dirsi, si può dir chiaro».

CGUE             Si può, mica si deve!

CC                   Va bene, ho capito, ma tu dovresti… se posso darti un consiglio.

Guardando verso l’interlocutore, si rende conto di scorgerlo con sempre più difficoltà. Intuisce, ma è solo un’intuizione vaga, superfici sconnesse, lamine… una strana macchina? Nello stesso tempo avverte una brezza umida o un respiro.

CGUE             Dovrei esser più chiaro? No, non credo. Come ogni corte costituzionale che si rispetti io coltivo l’ambiguità, calcolo i silenzi, presidio misteri, piccoli e grandi, che affondano le loro radici nel plesso più oscuro…

CC                   Questo me l’hai già detto la scorsa volta.

CGUE             In altre parole, io agisco… in nome della pace, o comunque della tenuta del sistema… quale Primo Custode delle «Constitutional Abeyances». Questo sublime concetto è spiegato in The Silence of Constitutions di Michael Foley. Ricorda: jura abscondit curia!

CC                   Ma tu non sei una corte costituzionale!

CGUE             (scherzando) Come osi!

CC                   Ti saluto!

Scatta in piedi. Guadagna lesto l’uscita.

CGUE             Dove vai, non ho finito… ascoltami ancora un istante, ti prego.

Crede di essere rimasto solo. L’ospite indugia sulla soglia, in ascolto, senza farsi notare.

Volevo dirti che così come rinunzio ai Trattati di Lorsignori, per tenermi stretta la mia Costituzione, allo stesso modo mi sbarazzo, con profondo senso di liberazione, dell’impegnativa qualifica che mi conferite… corte costituzionale!… certo, solo a titolo onorifico… oppure mi negate… o revocate, secondo l’occasione… ma che me ne importa!… E se io fossi qualcosa di più di una corte costituzionale, qualcosa di più alto, distante e indecifrabile… Ich fühle Luft von anderem Planeten! Ma io, in fondo, che ne so.

Sipario.

Nota al testo – Presumo che questo scritto si collochi ai confini, se non oltre i limiti, del (novissimo!) genere «prodotto della ricerca», anche se, per la verità, una piccola ricerca, dietro, c’è. Ho avuto la fortuna di svolgerne gran parte come ospite del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino. Oltre che dalle idee circolate durante un seminario torinese organizzato da Francesco Costamagna e Andrea Spagnolo, e dagli scambi di idee con gli amici e colleghi del Dipartimento, ho tratto spunto, in particolare, da A. Bernardi, I controlimiti. Primato delle norme europee e difesa dei principi costituzionali, Jovene, Napoli, 2017; A. Bernardi, C. Cupelli (a cura di) Il caso Taricco e il dialogo tra le Corti. L’ordinanza 24/2017 della Corte costituzionale, Jovene, Napoli, 2017; R. Caponi, La tutela dell’identità nazionale degli Stati membri dell’UE nel dialogo delle corti: addio ai «controlimiti»?, in Diritto dell’Unione europea, 2011, p. 915 ss.; B. Guastaferro, Legalità sovranazionale e legalità costituzionale. Tensioni costitutive e giunture ordinamentali, Giappichelli, Torino, 2013; N. Krisch, Who is Afraid of Radical Pluralism? Legal Order and Political Stability in the Postnational Space, in Ratio Juris, 2011, p. 386 ss.; Y. Shany, Towards a General Margin of Appreciation Doctrine in International Law, in European Journal of International Law, 2005, p. 907 ss.; M. Starita, L’identità costituzionale degli Stati membri dell’Unione europea nella recente giurisprudenza della Corte di giustizia, in Diritto e questioni pubbliche, 2015, p. 249 ss. Sulle self-judging clauses: S. Schill, R. Briese, If the State Considers”: Self-Judging Clauses in International Dispute Settlement, in Max Planck Yearbook of United Nations Law, 2009, p. 61 ss. Per un Lauterpacht “anni Trenta”: H. Lauterpacht, The Pact of Paris and the Budapest Articles of Interpretation, in Transactions of the Grotius Society, 1934, p. 178 ss. Sempre su Lauterpacht, si può vedere M. Koskenniemi, Il mite civilizzatore delle nazioni. Ascesa e caduta del diritto internazionale 1870-1960, Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 451, 462. Sul gambetto bulgaro: L. Gross, Bulgaria Invokes the Connally Amendment, in American Journal of International Law, 1962, p. 357 ss. Coup de cœur: M. Foley, The Silence of Constitutions. Gaps, ‘Abeyances’ and Political Temperament in the Maintenance of Government [1989], Routledge, London, 2013. Poco dopo aver letto la sentenza del 5 dicembre 2017 ho cominciato a pensare che la Corte UE e la Consulta, nel comporre le loro partiture, seguissero principi incommensurabili e che ciò potesse fornirmi una chiave d’accesso utile (benché in apparenza meno razionale) al significato dei rispettivi testi. Non riuscivo a togliermelo dalla mente. Ci ho provato: niente. Una conversazione con Alberto Oddenino mi ha condotto, dapprima, a Hindemith. Irretito dalle Norton Lectures di Leonard Bernstein, ho infine compiuto una scelta più convenzionale, anche se saldamente nel campo della musica “degenerata”: era, forse, l’unico modo per farmi piacere la sentenza della Corte UE, per accostarmi con empatia a un testo a prima vista così arido, sino a sentirlo (chi l’avrebbe mai detto) come «aria da altri pianeti». Il Melloni con accento svedese proviene da una segnalazione di Alberto Miglio. Sul margine di apprezzamento, la pulce nell’orecchio me l’ha messa Luca Pasquet. La Corte costituzionale, nella già celebre sentenza n. 269/2017, al punto 5.2, afferma quanto segue: «Sicché può darsi il caso che la violazione di un diritto della persona infranga, ad un tempo, sia le garanzie presidiate dalla Costituzione italiana, sia quelle codificate dalla Carta dei diritti dell’Unione, come è accaduto da ultimo in riferimento al principio di legalità dei reati e delle pene (Corte di giustizia dell’Unione europea, grande sezione, sentenza 5 dicembre 2017, nella causa C-42/17, M.A.S, M.B.)». Questo è il brano cui si allude nella parte sullo scambio di tweets. L’illustrazione, che è del pittore e architetto maceratese Ivo Pannaggi (1901-1981), è un particolare del bozzetto per un costume di scena preparato nel 1926 per la pièce futurista L’angoscia delle macchine di Ruggero Vasari (1898-1968). La Corte costituzionale entra in scena nei panni di Porzia per colpa mia, certo, ma anche di Carlo Sotis. Per Wittgenstein, non il diritto ma il linguaggio è «un labirinto di strade». Infine, non mi risulta che la Consulta possieda un account Twitter.

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Lorenzo Gradoni

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