diritto internazionale pubblico

Limiti alla libertà degli Stati di accesso allo spazio: il caso della Corea del Nord

Pierfrancesco Breccia, Sapienza Università di Roma

La Corea del Nord, dall’inizio del 2016, ha intensificato le sue attività in campo nucleare e spaziale: ha realizzato due nuovi test nucleari sotterranei (IV-V) e il lancio nello spazio di un nuovo satellite (Kwangmyongsong-4). La questione del programma nucleare del regime di Pyongyang è stata presa in considerazione da Marco Roscini, con un intervento dal titolo Il quarto test nucleare della Corea del Nord. L’attenzione del presente intervento si rivolge, invece, alle attività spaziali nordcoreane, partendo dalla considerazione che il lancio in orbita di un satellite avviene tramite vettori che utilizzano la tecnologia dei missili balistici. La prima ad utilizzare questa tecnologia è stata l’Unione Sovietica quando, il 4 ottobre 1957, con una versione modificata del missile balistico intercontinentale R-7 (ICBM), ha lanciato in orbita il primo satellite (Sputnik I), che ha segnato l’inizio dell’era spaziale. La tecnologia dei missili balistici è necessaria per accedere allo spazio, ma è dotata di potenziali applicazioni dual use che non hanno mancato di sollevare forti preoccupazioni. Infatti, il lancio del satellite effettuato della Corea del Nord è stato condannato dalla comunità internazionale, in particolare, da Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, come grave violazione del diritto internazionale e delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza. Analizziamo i vari aspetti della questione.

A partire dal 1998, la Corea del Nord ha iniziato a sviluppare la tecnologia missilistica, anche allo scopo di effettuare test nucleari. Tali attività hanno sollecitato le Nazioni Unite ad intervenire e, nel 2006, il Consiglio di sicurezza ha adottato all’unanimità, sulla base del capitolo VII della Carta, la Risoluzione 1718. Questa non solo ha previsto una serie di sanzioni per impedire lo sviluppo di programmi relativi ai test nucleari e al lancio di missili a lungo o medio raggio Taepodong-2 e Scud, ma ha denunciato anche le attività nordcoreane come una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale ed ha imposto «that the Democratic People’s Republic of Korea (DPRK) not conduct any further nuclear test or launch of a ballistic missile».

Quando, il 5 aprile 2009, il regime di Pyongyang ha eseguito un altro lancio per mettere in orbita un satellite, peraltro fallito, il Consiglio di sicurezza non ha mancato di disapprovare tale attività, proprio a causa dell’impiego di tecnologia balistica in aperta violazione delle restrizioni imposte con la Risoluzione 1718.  In un primo momento, però, tale condanna è stata espressa sotto forma di Statement del Presidente del Consiglio di sicurezza per l’opposizione di Cina e Russia all’adozione di una Risoluzione. Lo Statement ha denunciato la violazione da parte della Corea del Nord degli obblighi derivanti dalle decisioni del Consiglio di sicurezza con l’ammonimento a non ripetere nuovi lanci.

Il nuovo divieto di test nucleari e di lancio di missili balistici imposto dalla Risoluzione 1874 (2009) non ha, però, impedito lo sviluppo delle attività spaziali della Corea del Nord. Questa, nel 2012, ha compiuto il lancio del satellite Kwangmyongsong 3-2, cui ha fatto seguire, il 7 febbraio 2016, un nuovo test nucleare e il lancio di un altro satellite. Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha reiterato la sua condanna nel 2013 con la Risoluzione 2087 e, nel 2016, con la Risoluzione 2270. Quest’ultima, evidenziando che il lancio di satelliti può avvenire solo attraverso il ricorso alla tecnologia dei missili balistici, «condemns the DPRK’s launch of 7 February 2016, which used ballistic missile technology and was in serious violation of resolutions 1718 (2006), 1874 (2009), 2087 (2013), and 2094 (2013)». La Risoluzione 2270 prevede anche l’adozione di sanzioni più rigide per impedire al regime di Pyongyang di effettuare nuovi test nucleari.

Per superare i condizionamenti imposti ai suoi programmi di sviluppo di lanciatori e alla sua libertà di accedere allo spazio, la Corea del Nord sostiene, invece, che le sue attività spaziali si svolgono nel rispetto del quadro giuridico disposto dai Trattati adottati in materia dalle Nazioni Unite, in particolare il Trattato sui principi che regolano le attività degli Stati nell’esplorazione ed utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, inclusa la luna e gli altri corpi celesti (OST) che ha ratificato il 5 marzo del 2009.

Questa posizione è priva di fondamento. Ai sensi dell’art. I.2 e III dell’OST, gli Stati sono liberi di esplorare e utilizzare lo spazio, ma tali attività devono essere svolte in conformità al diritto internazionale, compresa la Carta delle Nazioni Unite. Lo stesso Consiglio di sicurezza, nella Risoluzione 2087 (2013), riconosce tale libertà che deve, però, essere esercitata «in accordance with international law, including restrictions imposed by relevant Security Council resolutions». Nel Report dei lavori del Sottocomitato giuridico del Committee on the Peaceful Uses of Outer Space (COPUOS) del 2016, alcuni Stati hanno affermato che i lanci di satelliti da parte della Corea del Nord costituiscono una grave violazione delle Risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza e uno Stato ha evidenziato che questi sono in aperto contrasto con lo spirito e gli obiettivi dell’OST. Gli Stati membri delle Nazioni Unite, infatti, in base all’art. 25 della Carta, hanno l’obbligo di accettare ed eseguire le decisioni adottate dal Consiglio di sicurezza. Inoltre, l’art. 103 della Carta stabilisce il carattere prevalente degli obblighi derivanti dalla Carta, qualora in contrasto con quelli previsti da un qualsiasi altro accordo internazionale. Nella prassi la nozione di “obblighi derivanti dalla Carta” comprende anche gli obblighi derivanti dalle decisioni del Consiglio di sicurezza (vedi S. Marchisio, p.13). In questo senso si esprime anche il progetto di International Code of Conduct for Outer Space Activities (ICoC), proposto dall’Unione europea, come strumento non vincolante, con l’obiettivo di affrontare «[…] la sicurezza,  la sostenibilità e i rischi connessi a tutte le attività nello spazio extra-atmosferico»; il progetto è stato sottoposto nel luglio del 2015 a consultazioni multilaterali a New York con la partecipazione di rappresentanti di oltre 100 paesi. Il punto 25 dell’ICoC stabilisce che la libertà degli Stati di accedere, esplorare e utilizzare lo spazio extra-atmosferico deve avvenire «[…] in accordance with international law and obligations […]».

Quindi dalle considerazioni che precedono, si può concludere che la Corea del Nord ha compiuto un illecito nell’effettuare i lanci in questione. Ora, ai sensi della Convezione sull’immatricolazione degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico (REG), di cui la Corea del Nord è parte contraente, gli Stati che posizionano satelliti nello spazio extra-atmosferico, da un lato, sono tenuti a registrarli in un apposito registro nazionale; dall’altro lato, devono notificare le informazioni concernenti gli oggetti lanciati al Segretariato dell’Onu. Il Registro delle Nazioni Unite degli oggetti lanciati nello spazio è stato istituito il 16 novembre 1976 a seguito dell’entrata in vigore della REG, ed è curato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari spaziali (UNOOSA). Tale aspetto diverso, ma collegato con l’attività del lancio di oggetti nello spazio, riguarda un altro problema giuridico sollevato nell’ambito del COPUOS consistente nella questione di sapere se può essere immatricolato un oggetto lanciato in violazione del diritto internazionale. Pertanto, un altro punto da considerare riguarda il dibattito riguardo le notifiche di Pyongyang al Segretario generale dell’Onu dei lanci degli oggetti avvenuti rispettivamente nel 2012 e nel 2016 ai fini della loro immatricolazione ai sensi della REG.

A questo proposito, va considerato che il rispetto delle risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza riguarda non solo i singoli Stati membri, ma anche gli organi dell’Onu. Il Segretariato dell’Onu ha tenuto a precisare che l’immatricolazione dei satelliti coreani non può essere interpretata come legittimazione delle attività della Corea del Nord in violazione di obblighi di cui è titolare secondo le risoluzioni del Consiglio di sicurezza. È stata così confermata la soluzione tecnica espressa dal Segretario generale dell’Onu (S/2013/108 e S/2016/538) in relazione alle notifiche da parte di Pyongyang dei lanci avvenuti il 12 dicembre 2012  (ST/SG/SER.E/662) e il 7 febbraio 2016 (ST/SG/SER.E/768). Nei documenti, indirizzati al Presidente del Consiglio di sicurezza, il Segretario generale afferma che l’inserimento nel registro dei dati forniti, con le notifiche presentate dalla Corea del Nord, si configura come una procedura di carattere esclusivamente tecnico, ai sensi della REG e che, pertanto, l’atto di registrazione non conferisce legalità o legittimità ai lanci nordcoreani (Vedi H. R. Hertzfeld Henry, S, Li, p. 94).

Si può quindi concludere che la libertà degli stati di accedere allo spazio extra-atmosferico, da un lato, è pienamente riconosciuta dagli dell’artt. I.2 e III dell’OST; dall’altro lato, che tale libertà può incontrare limiti posti da obblighi internazionali derivanti da decisioni vincolanti del Consiglio di sicurezza. Inoltre, con riguardo alla registrazione degli oggetti lanciati dalla Corea del Nord, la posizione del Segretario generale dell’Onu è pienamente condivisibile, in quanto scopo dell’immatricolazione è quello di consentire l’identificazione degli oggetti in orbita e degli Stati che su di essi esercitano giurisdizione e controllo ai sensi dell’art. VIII dell’OST, soprattutto ai fini del risarcimento di eventuali danni.

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