Maura Marchegiani
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Maura Marchegiani

diritto internazionale pubblico

A ridosso dell’inizio di un nuovo, atteso e particolarmente problematico anno scolastico, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha rivolto all’Italia un severo monito su una questione tanto urgente quanto sistematicamente irrisolta, relativa all’esigenza di garantire, in modo concreto ed effettivo, una educazione realmente inclusiva, qualificata e continuativa agli studenti in situazione di disabilità. Con una sentenza adottata il 10 settembre 2020, nel caso G. L. c. Italia, i giudici della Corte europea hanno infatti accertato, all’unanimità, la violazione, da parte dello Stato italiano, dell’art. 14 della Convenzione europea, che vieta ogni forma di trattamento discriminatorio, in combinato disposto con l’art. 2 del Protocollo 1, che assicura a sua volta il diritto all’istruzione

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Nella recente sentenza Haqbin, la Corte di giustizia (GS) si è pronunciata per la prima volta sulla portata dell’articolo 20(4) della Direttiva accoglienza, relativo al potere degli Stati membri di adottare sanzioni nei confronti di richiedenti protezione internazionale che si siano resi responsabili di “gravi violazioni delle regole del centro di accoglienza” presso cui si trovano.

Il rinvio pregiudiziale ha avuto origine da una controversia tra Zubair Haqbin, di cittadinanza afgana, richiedente protezione internazionale in Belgio in qualità di minore non accompagnato e la Fedasil, vale a dire l’agenzia federale belga per l’accoglienza dei richiedenti asilo. A seguito di reiterati comportamenti aggressivi e particolarmente violenti posti in essere da Haqbin nel centro di accoglienza in cui era stato collocato, le autorità belghe hanno adottato nei suoi confronti una sanzione disciplinare, implicante l’esclusione temporanea del minore dal centro di accoglienza e da tutti i servizi ad esso associati e la cessazione dell’assistenza medica, sociale e psicologica. Avverso tali provvedimenti, il tutore di Haqbin ha proposto ricorso al fine di ottenere la sospensione del provvedimento di esclusione e il risarcimento del danno subito, sostenendo che, durante il periodo di esclusione temporanea dal centro di accoglienza, la Fedasil avrebbe comunque dovuto assicurare accoglienza e garantire il rispetto della dignità umana del richiedente, costretto a trascorrere le notti in un parco o a trovare riparo presso conoscenti, fino al successivo inserimento in un altro centro di accoglienza. A fronte del respingimento delle istanze per assenza di estrema urgenza e per mancata evidenza del danno subìto, il tutore ha proposto appello e il giudice del rinvio ha sollevato dinnanzi alla Corte tre questioni pregiudiziali inerenti al problema della compatibilità dell’applicazione del regime di restrizione o revoca del beneficio delle condizioni materiali di accoglienza con la tutela dei diritti fondamentali dei richiedenti protezione internazionale, in considerazione soprattutto della condizione di particolare vulnerabilità del richiedente nel caso di specie, in quanto minore non accompagnato. Più in generale, il problema di fondo, che evoca peraltro, seppur in un diverso contesto, la giurisprudenza in tema di cause di revoca e diniego dello status di rifugiato (in proposito B.D., H.T., Lounani e, più recentemente, M.X.X.) risiede essenzialmente nella ricerca di un equilibrio delicato per comporre e contenere la tensione costante tra l’esigenza di assicurare il rispetto delle norme preordinate, nello Stato di accoglienza, a preservare sicurezza e ordine pubblico, esigenza peraltro intimamente connessa con la natura umanitaria e pacifica del concetto di asilo, e la necessità di garantire in ogni circostanza il rispetto dei diritti fondamentali dei richiedenti protezione (UNHCR, Note on the Exclusion Clauses).

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