Giulia Rossolillo
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Giulia Rossolillo

diritto dell'Unione europea

La sentenza della Corte costituzionale tedesca dello scorso 5 maggio sul Public Sector Purchase Programme (PSPP) ha sollevato reazioni estremamente negative da parte di molti commentatori (per un riferimento alle varie posizioni v. De Sena, D’Acunto), che ne hanno messo in luce i potenziali effetti devastanti sul processo di integrazione europea e sulle misure in discussione in questi mesi per far fronte alle conseguenze economiche della crisi sanitaria in corso. Le stesse istituzioni dell’Unione hanno fatto muro contro il Bundesverfassungsgericht: la BCE dichiarando che la sentenza in questione non avrà influenza sulle sue decisioni e sui suoi programmi di acquisto di titoli, la Corte di giustizia ricordando di essere l’unico organo competente in via esclusiva a sindacare la compatibilità degli atti delle istituzioni con il diritto dell’Unione, e la Commissione europea addirittura minacciando di presentare un ricorso per infrazione contro la Germania.

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La progressiva apertura dei legislatori degli Stati membri dell’Unione europea al matrimonio tra persone dello stesso sesso ha portato la dottrina ormai da tempo a interrogarsi sulla riconoscibilità di tali matrimoni negli Stati membri che non prevedono forme di unione di tal genere o che prevedono unicamente tipologie di unione tra persone del medesimo sesso differenti dal matrimonio. Sul punto la giurisprudenza italiana, prima dell’adozione della legge 20 maggio 2016, n. 76 sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso e sulle convivenze (per un commento v. il post di L. Scaffidi di Runchella), che prevede che il matrimonio tra persone del medesimo sesso contratto all’estero da cittadini italiani produca gli effetti dell’unione civile regolata dalla legge italiana (v. Corte di Cassazione, I Sez. civ., 14 maggio 2018, n. 11696, che ha confermato la trascrivibilità come matrimonio solo del matrimonio same-sex tra stranieri), era intervenuta a più riprese, con pronunce di segno opposto. Così, la giurisprudenza di legittimità considerava non trascrivibile, perché inefficace per difetto di capacità dei nubendi, il matrimonio omosessuale celebrato all’estero tra due cittadini italiani (Corte di Cassazione, I Sez, civ., 15 marzo 2012, n. 4184 e Corte di Cassazione 9 febbraio 2015, n. 2400, che tuttavia, in linea con la sentenza della Corte Costituzionale n. 138 del 2010, sollecitava il legislatore italiano a dare riconoscimento alle coppie omosessuali) e nel medesimo senso, se pur con motivazioni differenti (contrarietà all’ordine pubblico, inesistenza del vincolo, inefficacia dello stesso), si esprimevano alcuni tribunali di merito (Tribunale di Latina, decreto 31 maggio 2005; Corte d’appello di Roma, 6 giugno 2006; Tribunale di Treviso, sentenza 19 maggio 2010; Tribunale di Milano, decreti 2 luglio 2014 e 17 luglio 2014; Tribunale di Pesaro, decreto 14 ottobre 2014) e il Consiglio di Stato (sentenze nn. 4897, 4898 e 4899 del 26 ottobre 2015, nelle quali il Consiglio di Stato si pronuncia nel senso della legittimità della circolare del Ministero dell’Interno del 7 ottobre 2014 che ordinava ai Prefetti di provvedere all’annullamento d’ufficio delle trascrizioni dei matrimoni omosessuali). Altre corti di merito ritenevano al contrario tali matrimoni trascrivibili (Tribunale di Grosseto, decreto 17 febbraio 2015, in relazione al matrimonio contratto all’estero tra due cittadini italiani del medesimo sesso, sulla quale si veda il post di G. Biagioni ed E. di Napoli; Corte d’appello di Napoli, sentenza 13 marzo 2015, in relazione al matrimonio contratto all’estero tra due soggetti del medesimo sesso stranieri) anche quando avessero coinvolto unicamente cittadini italiani.

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diritto dell'Unione europea

Giulia Rossolillo, Università di Pavia Con decisione del 30 agosto 2016 (v. Comunicato stampa della Commissione europea) la Commissione europea ha dichiarato contrari alle norme in materia di aiuti di Stato i vantaggi fiscali concessi dall’Irlanda ad Apple dal 2003 al 2013, disponendo il recupero di una somma pari a

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diritto dell'Unione europea

Giulia Rossolillo, Università di Pavia L’atteggiamento di rifiuto da parte del Regno Unito nei confronti di qualsiasi forma di unione politica tra gli Stati europei rappresenta una costante del processo di unificazione del Vecchio Continente. Fin dal suo ingresso nella Comunità economica europea, nel 1973, la Gran Bretagna ha infatti

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